La raccolta punti: tante mamme e tanti papà si impegnano in questa attività, per divagare, per risparmiare al momento di comprare un prodotto. Qualche volta, però, le aziende ci danno un dito (i punti), ma ci chiedono in cambio l’intero braccio. Troppo vorace, ad esempio, è stata la Pampers – quella dei pannolini – che si merita un formale richiamo del Garante della nostra privacy.
Ad agosto del 2017, proprio una mamma segnala al Garante il sito www.pampers.it e il modo con cui organizza la raccolta punti in favore di chi compra i pannolini per i più piccoli.
La Pampers – prima di dare i punti – pretende molte informazioni (sul genitore e finanche sul bambino). Vuole il nome e il cognome dell’adulto, il suo indirizzo di posta elettronica, quello di casa, il numero del cellulare e il numero fisso di casa. Sempre la Pampers chiede il nome e cognome del bambino. E se poi il genitore è d’accordo, la Pampers si prende anche la data di nascita del piccolo (per mandare gli auguri al compleanno).
Il Garante esamina la condotta della Pampers e – su questa forte richiesta di dati – in realtà non muove obiezioni. A giudizio del Garante, siamo di fronte a una richiesta comunque proporzionata, ragionevole. Peraltro la Pampers cancella tutti i dati sul bambino 36 mesi dopo averli ricevuti, perché intanto il piccolo è cresciuto.
C’è un altro comportamento che il Garante non accetta e che contesta. La Pampers vuole che il cliente barri una casella e, da qual momento in poi, sarà autorizzata a contattare la persona “per promozioni, per inviare newsletter, fare analisi statistiche e sondaggi d’opinione”. Attività che riguardano tutte il marchio Pampers.
Non è finita qui. Il cliente è indotto anche a barrare una seconda casella. A quel punto, riceverà offerte, newsletter, domande per sondaggi anche in merito a cinque altri marchi: Lines, Linidor, Tampax, Ace, Infasil.
Tutto questo non sta bene al Garante. La Pampers non può chiedere di barrare due semplici caselle per dare poi vita a un autentico bombardamento promozionale e per tutti questi marchi (sei in tutto). Il cliente dovrebbe essere nelle condizioni di capire che sarà bersaglio di attività promozionali molto diverse e ha il diritto di autorizzarle, una ad una, e per ogni singolo marchio.
In linea di principio, il Garante considera anche scorretto che le mele (la concessione dei punti) siano mischiate con le pere (le campagne promozionali). Le cose non andrebbero associate.
Ora la Pampers dovrà correggere la sua condotta, pena sanzioni penali nel caso ignori l’ordine del Garante; e pena anche multe economiche.
Colpiscono, infine, le dimensioni delle campagne promozionali. La Pempers, intorno a tutti i suoi marchi, ha raccolto i dati personali di un milione 600 mila clienti. Per il solo brand Lines ha inviate “circa duecentomila e-mail promozionali al mese”. Dal gennaio 2017 ad oggi, per il brand Pampers, ha inviato invece “circa un milione di e-mail promozionali sia nel 2017 sia nel 2018”.
Aldo Fontanarosa, Repubblica.it