Senza gli aumenti automatici dell’Iva, previsti a legislazione vigente, «il disavanzo si collocherebbe meccanicamente al 3,4% del prodotto nel 2020, al 3,3% nel 2021 e al 3% nel 2022». Lo ha detto Eugenio Gaiotti, capo economista di Bankitalia, in un’audizione preliminare sul Def di fronte alle commissioni di Bilancio della Camera e Senato. Il Documento «rimanda alla prossima legge di bilancio la definizione di “misure alternative di copertura”», tuttavia «non fornisce informazioni di dettaglio».
Il peso dello spread
La Banca d’Italia ritiene «in linea con le nostre previsioni» la considerazione, fatta nel Def, secondo cui l’elevato livello dello spread inciderà negativamente, e in misura crescente, sulla crescita negli anni successivi al 2019. Via Nazionale – ha ricordato il capo economista Eugenio Gaiotti nell’audizione sul Def – stima che un aumento permanente dello spread pari a 100 punti base, come quello attuale, riduce la crescita di «0,1 punti percentuali dopo un anno e a 0,7 dopo tre».
Uno dei fattori per far calare lo spread dei titoli di Stato italiani rispetto al benchmark tedesco è «certamente la crescita», l’altro è «dando un messaggio credibile di riduzione del debito pubblico», ha aggiunto Gaiotti. «Altri Paesi dell’Eurozona, come il Portogallo – ha detto Gaiotti – che hanno livelli del debito non troppo diversi da quello italiano, avevano spread più elevati e attualmente hanno livelli più bassi».
Upb: manovra 2020 già a 25 miliardi, senza flat tax
Il Def postula la ricerca di coperture per «circa 25 miliardi nel 2020, che salirebbero a circa 36 miliardi nel 2021 per raggiungere circa 45 miliardi a fine periodo», e questo senza considerare costi e effetti dell’introduzione della flat tax. Lo ha detto il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio Giuseppe Pisauro nell’ audizione sul Def, spiegando che queste risorse servirebbero: ad assicurare le coperture alternative alle clausole di salvaguardia; finanziare le politiche invariate (2,7 miliardi nel 2020, 5,2 nel 2021 e 7,8 nel 2022) e incrementare gli investimenti (2 miliardi l’anno); garantire una correzione ulteriore del disavanzo in linea con gli obiettivi programmatici (2 miliardi nel 2020, 7 miliardi nel 2021 e 16 miliardi nel 2022). «Le ulteriori iniziative annunciate nel Def – ha aggiunto – come la flat tax e la generale semplificazione del sistema fiscale, da realizzare “nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica definiti nel documento”, richiederebbero l’identificazione di ulteriori misure compensative». L’Upb solleva dubbi sulle fonti di copertura indicate nel Def come la spending review e il contrasto all’evasione. «Si tratta di un quadro di finanza pubblica tutto da definire nella sua concretezza», ha detto Pisauro.
«La manovra autunnale si prefigura come un puzzle complesso, che richiederà una chiara definizione delle priorità politiche, una attenta riflessione sul disegno delle politiche stesse per evitare effetti distorsivi sull’economia e una adeguata trasparenza delle dinamiche redistributive insite nelle misure da adottare», ha aggiunto Pisauro, secondo il quale è «fondamentale la definizione del quadro che sia chiaro a tutti gli operatori economici».
Istat: aumento Iva deprime consumi
Commenti negativi sull’eventuale inasprimento dell’Iva arrivano anche dall’Istat: «Lo scenario programmatico» del Def «incorpora l’ipotesi dell’introduzione delle clausole di salvaguardia a partire da gennaio 2020. L’incremento dei prezzi porterebbe a un effetto depressivo sui consumi che, nel quadro delineato, potrebbe essere nell’ordine di 0,2 punti percentuali», ha detto il presidente Gian Carlo Blangiardo in audizione.
Cnel: tagliare costo del lavoro
«È imprescindibile un intervento fiscale in direzione di una progressività effettiva, che alleggerisca il carico fiscale sul lavoro e gli investimenti», ha invece detto il presidente del Cnel, Tiziano Treu, nell’audizione sul Def davanti alle commissioni Bilancio di Senato e Camera. Il Cnel, si legge nel documento depositato in Parlamento, «condivide l’urgenza di intervenire sul cuneo fiscale sul lavoro, come richiesto anche dalla Commissione europea, ma segnala che questo non può avvenire mediante lo spostamento dalla fiscalità diretta a quella indiretta. Le organizzazioni del mondo produttivo non condividono l’implicito auspicio della Commissione europea all’aumento delle aliquote dell’Iva, anche quelle intermedie e agevolate».
Corriere.it