Allarme e richiamo dell’FMI per i timori sulle fragilità del sistema italiano, a causa dei forti portafogli di titoli di Stato detenuti dagli istituti. A causa di downgrade sui rating del credito sovrano, ad esempio su quello dell’Italia, “la percentuale di titoli di Stato con rating basso detenuti da banche italiane e portoghesi, in particolare, è aumentata” scrive il Fondo Monetario Internazionale nel ‘Global Financial Stability Report’, in cui si evidenzia come “nello scenario peggiore forti aumenti dei rendimenti dei titoli di Stato genererebbero perdite significative per le banche in particolare in Italia, Portogallo e Spagna”.
Nel nostro Paese, inoltre, l’indice della liquidità Bloomberg sul mercato delle obbligazioni sovrane italiane “è stato costantemente elevato negli ultimi anni, mentre un indice simile per i bund tedeschi è rimasto stabile” ma “ciò potrebbe essere in parte dovuto a fattori non legati al rischio di liquidità, dal momento che le obbligazioni italiane fuori bilancio hanno recentemente riflesso maggiori rischi di credito e di ridenominazione” rispetto agli altri titoli sovrani in circolazione, scrive l’FMI, aggiungendo come il differenziale fra domanda e offerta sul mercato obbligazionario italiano “sembra essere diventato più volatile anche durante i periodi in cui gli spread sovrani erano relativamente ridotti e stabili”.
E ancora, nell’area dell’euro, dove “il rimbalzo dei mercati finanziari all’inizio dell’anno ha contribuito ad attenuare il peggioramento delle condizioni finanziarie” registrato alla fine dello scorso anno, “i problemi di bilancio in Italia hanno riacceso le preoccupazioni sul legame fra titoli di Stato e banche e questo ha portato ad un ampliamento degli spread sovrani nella seconda metà del 2018″ scrive il Fondo, tornando a lanciare l’allarme sulle fragilità cui il nostro sistema bancario è esposto per via dei forti portafogli di titoli di Stato detenuti dagli istituti.
A livello di Eurozona, segnala l’FMI, “i coefficienti patrimoniali bancari sono ora più elevati e sono state intraprese azioni per ridurre i prestiti in sofferenza sui bilanci delle banche”. Ma “se i rendimenti dei titoli di Stato dovessero aumentare drasticamente – ammonisce il Fondo – i legami forti delle banche con i titoli sovrani nei Paesi con un debito governativo elevato potrebbero tradursi in perdite significative sui portafogli delle obbligazioni bancarie”.
E questo, “insieme a potenziali perdite su prestiti non performanti, potrebbe comportare un significativo impatto sul capitale di alcune banche”. Ma, si sottolinea nel Report, “anche le compagnie di assicurazione potrebbero rimanere coinvolte da questo legame”. In questo contesto, si legge nel documento, “vi è il rischio che le tensioni nel settore finanziario possano essere trasferite a società e famiglie, con implicazioni negative per la crescita economica”.
A livello globale, rispetto allo scorso autunno, “le condizioni finanziarie si sono irrigidite ma rimangono relativamente accomodanti, in particolare negli Stati Uniti” dove “l’approccio più paziente della Federal Reserve alla normalizzazione della politica monetaria” ha sostenuto “l’inversione di tendenza del mercato”, che è rimbalzato a inizio 2019 “dopo i bruschi cali nel quarto trimestre del 2018” dice ancora il Fondo Monetario Internazionale, evidenziando tuttavia come “le vulnerabilità finanziarie, come leva finanziaria e liquidità, possono continuare a crescere, aumentando i rischi a medio termine per la stabilità finanziaria globale”.
Con un riferimento indiretto all’Italia, il Fondo segnala come le fragilità del sistema finanziario “sono già elevate in diversi Paesi di importanza sistemica”. E “un improvviso forte irrigidimento delle condizioni finanziarie potrebbe fare evidenziare queste fragilità e sollevare rischi alla stabilità finanziaria a breve termine”. Fra debito in scadenza e nuovo deficit continua a salire il fabbisogno annuo che l’Italia deve rifinanziare: se quest’anno il totale sarà pari al 23,7% del Pil, nel 2021 l’ammontare che il nostro Paese dovrà cercare sui mercati sarà del 24,7%, in pratica un quarto del Pil annuo. A certificare questo poco invidiabile record mondiale – fra le principali economie solo Usa e Giappone fanno peggio ma entrambi con un trend in calo al 2021 – è il Fondo Monetario Internazionale nel ‘Fiscal Monitor’. Per l’Italia il fabbisogno da rifinanziare sarà dato nel 2019 da un 21% di debito in scadenza, cui si aggiungerà un 2,7% di deficit: valori che nel 2021 dovrebbero salire rispettivamente al 21,2 e al 3,5% del Pil.
Per un Paese come l’Italia – “con una necessità di aggiustamento dei conti particolarmente rilevante se gli spread rimangono alti e le esigenze di finanziamento sono elevate – sarà importante indicare l’intenzione di ridurre credibilmente il debito a medio termine e adottare misure” adatta allo scopo “come la riforma delle pensioni” si legge nel ‘Fiscal Monitor’, con cui l’FMI torna a suggerire al nostro Paese – “per salvaguardare la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico” – la necessità di interventi che lo rendano più ‘stringente’. Laddove, si ricorda con un riferimento a ‘Quota 100’, “sono state alleggerite le norme sul prepensionamento per un periodo di prova di tre anni”.
Ma il Fondo torna anche su una ‘storica’ proposta, quella di “tassare la ricchezza attraverso la tassa di proprietà sulle prime case“. Fra le altre misure suggerite al nostro Paese – con l’obiettivo in particolare di sostenere le fasce più deboli della popolazione – il Fondo indica la riduzione degli incentivi energetici ‘a pioggia’ (indicazione peraltro condivisa con Norvegia, Finlandia e Lettonia).
Adnkronos