Il combattente che evitò la guerra per non perdere Marlene Dietrich
Si innamorò follemente della bionda fatale e perciò inventò pretesti meschini per imboscarsi. Conservatore di vecchio stampo, suscitò antipatie e polemiche per le sue posizioni intransigenti contro gay, neri e indiani
(di Cesare Lanza per LaVerità) Come quasi tutti i divi del cinema, non solo di Hollywood, nella vita privata John Wayne era molto diverso da ciò che appariva pubblicamente, anche sugli schermi. La contraddizione più forte e grave per me è questa: l’indomito e coraggioso, imbattibile combattente, l’eroe di film western amstissimi in tutto il mondo, ebbene proprio lui si imboscò a casa con pretesti meschini, per evitare il servizio militare e partecipare alla guerra. Come vi dirò. Per il resto, in linea con la durezza e l’intransigenza che mostrava per il cinema, è not ala sua illimitata avversione per i neri, gli omosessuali, gli indiani, i perdenti, i deboli. Oggi, il mitico John sarebbe considerato e faziosamente combattuto, senza tregua, come un leader del più rude e intollerante razzismo.
Anche ai suoi tempi ci furono polemiche per un’intervista del 1971 rilasciata a Playboy in cui John si lasciò andare a commenti omofobi e sessisti. Wayne disse con orgoglio che credeva nella supremazia bianca e si scagliò contro Hollywood: secondo lui nel mondo del cinema si stava esagerando, con la tolleranza verso le altre razze. «Crederò nella supremazia bianca finché i neri non saranno educati alla responsabilità. Non credo nella possibilità di dare autorità e posizioni di leadership e di giudizio a persone irresponsabili, c’è troppo risentimento tra i neri, non possiamo improvvisamente metterci in ginocchio e consegnare tutto nelle loro mani». La sua sfuriata proseguiva con una critica per l’accesso dei neri all’istruzione pubblica e privata: «Non capisco perché la gente insista sul fatto che ai neri sia stato proibito il diritto di andare a scuola. Erano ammessi nelle scuole pubbliche ovunque io fossi. Anche se non avessero le credenziali adeguate per il college, ci sono corsi per aiutarli a diventare idonei. Ma se non sono culturalmente pronti per quel passo, non penso che dovrebbero essere ammessi. Altrimenti, la società accademica si riduce al minimo comune denominatore». Wayne era intransigente anche verso gli indiani d’America. «Non credo che abbiamo sbagliato nel portare questo grande Paese lontano da loro. Penso che dovremmo fare un patto con gli indiani. Dovrebbero pagare per Alcatraz quanto li abbiamo pagati per Manhattan… Non credo che abbiamo fatto nulla di sbagliato nel portare via da loro questo grande Paese. Ci sono state un gran numero di persone che avevano bisogno di nuova terra, e gli indiani stavano egoisticamente cercando di tenerla per sé». E alla domanda se il governo dovesse risarcire i nativi americani, aveva continuato: «Non so perché il governo dovrebbe dare loro qualcosa che non darebbe a me». Più 0 meno, come dice oggi Donald Trump, «prima gli americani», con la differenza però che gli indiani erano anch’essi nati in America. Infine, sul ruolo dei neri a Hollywood diceva: «Ho diretto due film e ho dato ai neri i giusti ruoli. Erano degli schiavi. Penso che gli studios di Hollywood stiano portando il loro tokenismo un po’ troppo oltre» (Il tokenismo é la politica, 0 la pratica, di fare un gesto profondo verso l’inclusione di membri di gruppi minoritari). Era un conservatore di vecchio stampo, un benpensante sempre tenacemente affezionato ai propri convincimenti. Non stupisce, oggi, per l’opinione e per il linguaggio, una sua riflessione sulla perversione (anche in questi giorni di moda, per una polemica politica). Eccola: «I film una volta venivano realizzati per tutta la famiglia. Ora gli studios se ne stanno uscendo con varie cialtronate. Sono abbastanza sicuro che, entro due o tre anni, gli americani saranno stufi di questi film perversi». E cosa si intendeva per un film perverso? «Easy Rider, Midnight Cowboy. L’amore di quei due uomini in Midnight Cowboy, una storia su due froci, si qualifica da sola no?». Secondo i media, in quell’intervista a Playboy Wayne riuscì a denigrare milioni di persone in pochissime parole. Il figlio di John Wayne, Ethan, ha difeso il padre dopo il riemergere della vecchia intervista. Con l’attacco ai neri, ai gay e ai nativi americani. «Sarebbe un’ingiustizia giudicare qualcuno in base ad un’intervista che viene usata fuori dal contesto della domanda«, ha detto Ethan Wayne. «Stanno cercando di contraddire come ha vissuto la sua vita e chi era». Ma l’editorialista del La Times, Michael Hiltzik, ha ribattuto: «Le opinioni che ha espresso nel 1971, penso, erano estremiste anche per quell’epoca, non era un periodo preistorico».
Memorabile la storia d’amore tra John Wayne e Marlene Dietrich: «La migliore scopata della sua vita», fu definita dal Dailymail. Quanto a me, non sono interessato a classifiche di questo tipo. Quella storia d’amore è interessante, però per un altro aspetto. Wayne era un duro sergente della Marina e comandante del battaglione aereo durante lo sbarco in Normandia. Ma questo accadeva nei film. Nella realtà, John non fece il soldato neppure per un giorno, evitò l’uniforme dopo che i giapponesi bombardarono Pearl Harbor, e per questo molti lo hanno accusato di essere un imbroglione. La verità? Evitò la guerra – forse – non perché fosse un codardo, ma per non rinunciare alla sua relazione con Marlene Dietrich, allora quarantenne, cinque anni più di lui. A rivelarlo è stato il libro American Titan: Searching for John Wayne di Marc Eliot. Secondo l’autore, l’attore non si arruolò perché era troppo morbosamente legato, appunto, alla «migliore scopata della sua vita». Aveva incontrato la Dietrich nel 1940, sul set del film La taverna dei sette peccati, e se ne era innamorato subito. Lei lo chiamò in camerino, chiuse a chiave la porta, si alzò la gonna, guardò l’orologio attaccato alla giarrettiera e disse: «Abbiamo molto tempo per noi». E il giornalista riferisce: «Come James Stewart e Gary Cooper prima di lui, Wayne cadde nella rete della bionda che trasudava sensualità». Era pazzo per la Dietrich, sin dalla prima volta che lei se lo portò a letto e per i successivi tre anni. Marlene rappresentava la cattiva ragazza che non aveva mai conosciuto (sua moglie era una donna piuttosto ordinaria), il frutto proibito che non aveva mai assaggiato. Wayne sbavava per lei. Non gli importava che venissero visti in pubblico, nei ristoranti, nei locali. Si attraevano come due opposti: Marlene era la selvaggia e disinibita donna europea, John era il rozzo ragazzone americano. Com’era inevitabile, Marlene riuscì a saziare il suo appetito. Iniziò una relazione con l’attore George Raft e poi con la grande star francese Jean Gabin. E Wayne, devastato, fragile e sensibile, e comunque ben diverso da com’era rappresenta to nei film, si trasferì in Messico. Lì prese la sua seconda moglie, Chata, poi definita «un grosso errore». Insomma, il caro John fece cltre 150 film, e fu un combattente leggendario, ma solo sul grande schermo. A 35 anni lo chiamarono alle armi e lui rispose che non poteva accettare: era l’unico sostegno della famiglia, dichiarò, e non poteva allontanarsi. Omise che stava per divorziare. Aggiunse anche la scusa di una ferita alla spalla che lo esonerava dal prestare servizio (ma non gli impediva di lavorare come stuntman e cowboy). E negò perfino di aver ricevuto la lettera di convocazione dell’Office of Strategie Services. A un certo punto, forse, Wayne si sentì in colpa per la sua vera 0 presunta codardia. Così concentrò tutte le sue fc rze a combattere in casa i sovversivi comunisti, fu in prima fila contro la minaccia rossa a Hollywood.
Molto intricati anche i suoi rapporti religiosi e quelli sentimentali. Si dice che riuscì a scoprire Dio grazie alla fedeltà della moglie. John Wayne, all’anagrafe Marion Robert Morrison, ebbe diverse amanti e divorziò due volte e altrettante volte si risposo civilmente. Cresciuto in una famiglia di confessione presbiteriana, il 24 giugno 1933 sposò un’ispano-americana, e cattolica devota, Josephine Alicia Saenz. Da lei ebbe quattro dei suoi sette figli e a lei deve un angolo di paradiso. Anche dopo il divorzio voluto e ottenuto (1945), Josephine mantenne fede al sacramento (si risposò solo 17 anni dopo la morte di Wayne, già anziana). John ha detto: «Il sesso sano e lussurioso è magnifico». «Io recito la parte di John Wayne, a prescindere dal ruolo che mi viene dato. E mi sembra di essermela cavata bene, o sbaglio?!». «La vita è dura. Ed è ancora più dura se sei stupido». «High Noon è il film più antiamericano che abbiamo mai visto. Nell’ultima scena del film si vede un vecchio Gary Cooper gettare a terra e calpestare la stella dello sceriffo. Non rimpiangerò mai di essermene andato dagli Stati Uniti». «Gable è un idiota e fa l’attore perché è l’unica professione per cui è abbastanza intelligente». «Un mio amico mi ha detto di sparare prima e poi fare le domande. Stavo per chiedergli perché, ma ho dovuto prima sparargli». Era nato a Winterset (Iowa), il 26 maggio 1907. Morì a Los Angeles, l’11 giugno 1979. I suoi film più celebri: Ombre rosse (1939), Il massacro di Fort Apache (1948), I cavalieri del Nord Ovest (1949), Rio Bravo (1950), Un uomo tranquillo (1952), Sentieri selvaggi (1956), L’uomo che uccise Liberty Valance (1962). E ancora: Il grande tormento (1941) di Henry Hathaway, Vento selvaggio (1942) di Cecil B. De Mille, Iwo Jima, Deserto di fuoco (1949) di Allan Dwan, con una nomination all’Oscar. Di fede repubblicana e conservatrice, fortemente favorevole alla Guerra in Vietnam , nel 1968 John Wayne diresse, produsse e interpretò Berretti Verdi, accusato di essere un reazionario e un guerrafondaio . Nonostante la carriera prestigiosa e prolifica ricevette il suo primo e unico Oscar come protagonista nel 1970 con il film Il Grinta di Henry Hathaway. Ultima interpretazione: Il pistolero (1976) di Don Siegel. Nel 1979 morì di cancro allo stomaco: fumava cinque pacchetti di sigarette senza filtro al giorno. Insieme a Humphrey Bogart è considerato il più grande fumatore tra gli attori di Hollywood di ogni tempo. Quando nel 1964 fu colpito da cancro ai polmoni, rinunciò alle sigarette ma iniziò a fumare sigari.