Da una famiglia di campagna a Brugine, nella provincia di Padova, a re dei jeans. Capace di sfidare a metà degli anni ‘90 un colosso come Levi’s direttamente in casa. Era il 1996 quando Renzo Rosso ha aperto il suo primo negozio a New York (poi avrebbe replicato a San Francisco), proprio davanti a quello dell’eterno brand americano. «Levi’s per me è stato la fonte d’ispirazione», dice l’imprenditore. Che ha superato in corsa il denim a stelle e strisce, vendendo un pantalone al doppio del prezzo, forte del contenuto innovativo, provocatore e coraggioso del suo prodotto. Anche da quella mossa, Rosso, 63 anni, ha costruito il gruppo Only The Brave che oggi vale circa 1,5 miliardi di euro di fatturato, di cui l’85% raccolto all’estero, con brand come Marni, Viktor&Rolf, Maison Margiela, Paula Cademartori, venduti in 650 negozi a livello globale.
L’avventura è iniziata con il marchio Diesel, battezzato così perché — spiega — all’epoca della crisi petrolifera, nel 1978, il gasolio, più economico della benzina, era l’energia alternativa. Ma la casella di partenza è forse stato il suo primo jeans, realizzato a 15 anni con la macchina per cucire della mamma, un po’ per caso, da adolescente. Un amico gli aveva regalato un pezzo di tessuto denim che Rosso ha provato a «trasformare» strofinandolo sull’aia di casa. Il jeans «trattato» aveva avuto grande successo tra gli amici. «Da quella prima esperienza imprenditoriale ho imparato che se hai un buon prodotto e sei disposto a lavorare tanto e con pazienza, puoi iniziare a guadagnare». E, magari, anche sfidare le multinazionali. Se l’imprenditore è convinto che basta guardarsi attorno per farsi venire delle idee, è anche vero che la sua strada l’aveva imboccata già alle scuole superiori quando aveva scelto di iscriversi all’istituto Natta di Padova per seguire il corso di perito industriale per le confezioni. Anche da lì è nata la sua passione per il denim. Lo lavora, lo tratta, lo invecchia.
La sua fortuna, dice, è stata incontrare un imprenditore che di strada nel jeans ne aveva fatta molta: Adriano Goldschmied che aveva altri marchi come Replay, King Jeans e Martin Guy, e che da quel momento avrebbe prodotto anche Diesel. Dopo qualche anno, Rosso decide di proseguire l’avventura da solo. «È stata la prima volta in cui ho avuto bisogno di un prestito. Volevo diventare imprenditore davvero e ho chiesto a mio padre 7 milioni e 150 mila lire. Era il 1978 e dopo qualche anno mi sono comprato tutte le quote della Diesel facendomi aiutare da una banca. Ho restituito a mio padre tutti i soldi ed è stata una grande soddisfazione», dice Rosso, che con il figlio Stefano (il secondogenito dei suoi sette figli) ha fatto la stessa cosa. Stefano oggi è il ceo delle attività in Nordamerica di Diesel, come dire il mercato di maggior ispirazione per il jeans.
«Mi ha regalato un assegno di 479 dollari e mezzo, il suo primo stipendio presso un’azienda Usa di skateboard. «Non l’ho mai incassato, anzi l’ho incorniciato e appeso in ufficio», racconta. Certo, per moltiplicare gli investimenti e la crescita anche Rosso ha poi dovuto bussare alle banche. Ma a quel punto nessuno arricciava più il naso davanti a un imprenditore con i jeans strappati e i capelli lunghi. Quindi per i soldi è sempre meglio rivolgersi alla famiglia? «L’importante è che un giovane imprenditore si muova in un network di persone che lo capisce, lo segue. Mai isolarsi. Oggi è ancora più facile trovare risorse perché c’è tanta liquidità e gli investitori non sanno dove metterla. Ma la chiave per attrarli è essere innovativi, anche in un settore che il mercato considera maturo». Rosso cita il caso della sua H-Farm, piattaforma di innovazione dove imprenditoria e formazione si contaminano l’una con l’altra. «È una finestra sul nuovo, sostiene le imprese giovani e ci fa venire delle idee», dice.
Ma si potrebbe replicare oggi un’idea come Diesel? «Certo, dall’esempio di un’azienda storica come Motorola sono per esempio nate imprese disruptive come Apple e Samsung. Nella moda oggi è ancora più facile essere visibili con il digitale. Penso a tutti nuovi stilisti. Ma la storia la fa sempre la persona, che deve essere pronta a immaginare nuovi piani, scegliere strade diverse», dice Rosso che la sua azienda l’ha ribaltata almeno tre volte. Due anni fa è tornato sul ponte di comando del suo gruppo per ripensare, in particolare, la strategia della Diesel, posizionandola verso una fascia ancora più alta del mercato. Adesso è in corso la rivoluzione verso un modello di industria sostenibile. Il gruppo sta infatti mettendo a punto la lavorazione del denim riducendo dell’80% i consumi di acqua. «I giovani, i talenti, sono fondamentali per un’impresa perché portano idee», dice Rosso. Eppure, molti di loro lasciano l’Italia. «Bisogna superare questo atteggiamento vittimistico – risponde l’imprenditore, molti ragazzi non scappano, se ne vanno perché esiste un territorio che si chiama mondo, più accessibile rispetto al passato. Poi i giovani tornano in Italia e portano conoscenza preziosa per le aziende. Se avessi vent’anni lo farei anch’io»
Daniela Polizzi, Corriere della Sera