Il piano strategico 2019-2023 di Banca Carige presentato oggi dai commissari Fabio Innocenzi, Raffaele Lener e Pietro Modiano prevede un aumento di capitale da 630 milioni di euro, oltre i 400 milioni inizialmente previsti, da realizzarsi entro il primo semestre di quest’anno.
L’obiettivo dell’intera manovra è quello di ridurre strutturalmente il profilo di rischio della banca, rivedendo integralmente il modello di business al fine di assicurarne la sostenibilità in ottica stand-alone e consentendo la generazione di una soddisfacente remunerazione del capitale. Modiano ha detto che il progetto è stato fatto assumendo l’ipotesi stand-alone anche che “ma si lavora a business combination”.
Il piano si snoda attraverso tre fasi, finalizzate all’obiettivo di un reale risanamento dei fondamentali della banca:
– nell’immediato (2019): il definitivo derisking degli attivi e il rafforzamento patrimoniale;
– nel breve termine (fine 2019-inizio 2020): il raggiungimento del pareggio di bilancio;
– nel medio-lungo termine (2020-2023): una profittabilità sostenibile.
Entro il primo semestre dell’anno si realizzerà il rafforzamento della struttura patrimoniale mediante l’iniezione di nuovo capitale per 630 milioni grazie al quale nello stesso lasso temporale potrà essere finanziato lo smaltimento dello stock di credito deteriorato fino a minimizzarne l’incidenza a un livello da best practice di sistema (e pari al 6-7% circa del portafoglio crediti lordo) e l’integrale rimborso del titolo subordinato Tier 2 emesso a fine novembre 2018 (nell’ipotesi di ripristino delle modalità di sostituzione previste dall’accordo originario).
L’importo complessivo dell’aumento di capitale comprende gli originari 400 milioni, 120 milioni per l’ulteriore derisking, 65 milioni per investimenti nella rivoluzione lean/digitale e 45 milioni per compensare gli effetti negativi dell’assemblea dello scorso 22 dicembre.
Il definitivo derisking punta a far raggiungere Cet1 e Tcr1 stabilmente superiori al 14%, livello atteso a fine 2019. Dopo le azioni già realizzate e la cessazione di tutti gli effetti straordinari legati alla crisi è previsto il break-even dell’attività ricorrente già nella seconda parte del 2019 e il conseguimento del pareggio di bilancio nel 2020.
Il piano valorizza i punti di forza in termini di clientela, risorse umane e specificità del territorio su cui il gruppo è radicato che presenta una ricchezza finanziaria pro-capite superiore del 24% a quella media italiana. L’offerta si concentrerà esclusivamente su servizi dedicati a specifici segmenti di clientela quali la gestione del risparmio delle famiglie e i servizi alle piccole e medie imprese per accompagnarle nella crescita. Il modello di business verrà radicalmente trasformato mediante massicci investimenti in tecnologia e competenze nella rivoluzione lean/digitale.
Previsto un abbattimento del cost/income ratio di un terzo: dall’attuale 94% al 60% circa nel 2023. Il piano “presenta un oggettivo basso rischio di execution”, spiega la banca. Irrobustita nell’immediato la struttura patrimoniale, si prevede un roe del 7% nel 2023, una crescita dei ricavi contenuta (un aumento medio annuo composto tra il 2018 e il 2023 del +5,5%), una riduzione certa dei costi (-5% nel periodo) e un costo del rischio marginale (50 punti base nel 2023).
L’obiettivo è di portare il ratio npe lordo al 6-7% nel 2019 (rispetto al 22% attuale) attraverso la cessione di circa 2,1 miliardi di posizioni classificate in sofferenza e inadempienza probabile: di queste circa 1,9 miliardi già definite come da binding offer ricevuta il 22 febbraio e i restanti 300 milioni nel quadro di un’operazione di sistema, nonché la ristrutturazione di circa 700 milioni di altre posizioni deteriorate (di cui 500 milioni già definite). “Abbiamo un’offerta impegnativa di almeno un soggetto per npe”, ha detto Modiano.
Quanto al bilancio dello scorso esercizio, nel 2018 il risultato netto di periodo è stato pari a -272,8 milioni, condizionato dal costo del rischio di credito (205 punti base) che sconta il recepimento dell’ampia verifica effettuata sul portafoglio impieghi e la cessione di posizioni deteriorate che hanno determinato la contabilizzazione di 321,4 milioni tra rettifiche di valore su crediti verso clientela e perdite da cessione.
Il margine operativo lordo, differenza tra proventi e oneri operativi core, risulta positivo e in crescita su base annua a 30,9 milioni, grazie a un frazionale calo dei ricavi e al continuo controllo sulle voci di costo (458,2 milioni, con un calo sostanziale su base annua del -9,9%). L’indicatore di solidità patrimoniale Cet1 phased-in è pari al 10,68%, superiore al limite regolamentare richiesto da Bce del 9,625%.
Paola Valentini, Milano Finanza