C’è l’accordo sulla riforma Ue del copyright, il cuore della battaglia contro i giganti del web chiamati a pagare «un equo compenso» se utilizzano contenuti prodotti da altri – editori, artisti, autori e giornalisti – in Europa. Dunque, i big del digitale saranno tenuti a fare degli accordi precisi per utilizzare contenuti in questione. Dopo una lunghissima maratona negoziale cominciata lunedì a Strasburgo, Parlamento, Consiglio e Commissione Ue hanno trovato ieri l’intesa sulla riforma che entrerà in vigore nel 2021. Un passo cruciale visto che è la prima volta nella storia che si fissano paletti di questo tipo. Il primo annuncio è arrivato attraverso un tweet di soddisfazione del vicepresidente della Commissione Ue, Andrus Ansip: «Ora gli europei avranno finalmente regole moderne per il copyright, adatte all’era digitale con reali benefici per tutti: diritti garantiti per gli utenti, equa remunerazione per i creatori, chiarezza delle regole per le piattaforme». I creativi – inclusi musicisti, attori, giornalisti – «sono rafforzati» dalle nuove regole, twitta il Parlamento europeo, mentre «meme, gif e gli snippet degli articoli sono salvi» con «le piattaforme start up protette».
I rappresentanti di Consiglio, Parlamento e Commissione Ue erano determinati a chiudere il dossier entro la scadenza di ieri e così hanno fatto. Il risultato è di fatto una vittoria del Parlamento europeo, visto che lo schema dell’accordo non fa che rispettare, salvo qualche concessione non cruciale a tutela della libertà di espressione e innovazione, l’impianto più rigido a favore degli autori rispetto alle bozze più soft del Consiglio e della Commissione. Così si capisce bene anche la soddisfazione del presidente del Parlamento Ue. «Così proteggiamo la creatività europea», ha commentato Antonio Tajani. «Musicisti, attori, scrittori, giornalisti, audiovisivo, avranno diritto a una giusta remunerazione anche dai big del web»
I NODI E LE CONCESSIONI
L’intesa su uno dei dossier legislativi più combattuti di fine legislatura prevede però qualche eccezione. Una di queste riguarda i collegamenti ipertestuali agli articoli giornalistici, accompagnati da «parole singole o estratti molto brevi», che possano essere condivisi liberamente. Non solo. Le piattaforme digitali delle start up saranno soggette ad obblighi minori rispetto ai colossi del Web. L’accordo, secondo il Parlamento, «mira ad aumentare le chance dei detentori dei diritti d’autore, in particolare musicisti, artisti e scrittori, come pure gli editori di giornali, affinché negozino accordi di remunerazione più vantaggiosi per l’uso dei loro contenuti da parte delle piattaforme Internet». Per il relatore Axel Voss (Ppe, Germania) l’accordo «è un passo importante per correggere una situazione che ha consentito a un pugno di società di guadagnare enormi somme di denaro, senza remunerare adeguatamente migliaia di creativi e giornalisti». Ora l’accordo dovrà essere approvato dai rappresentanti del Consiglio e dalla plenaria del Parlamento europeo. La ratifica potrà scattare entro uno o due mesi. Dopodiché la legge verrà firmata e si avrà il recepimento da parte dei singoli Paesi. Un passo obbligato, pena la procedura d’infrazione da parte di Bruxelles.
Le nuove regole danno maggiori diritti agli editori di stampa (art. 11) in merito al riutilizzo dei loro materiali da parte delle piattaforme online, ma viene indebolita la protezione degli snippet rispetto alla posizione originaria di settembre: «parole individuali» o «estratti molto brevi di articoli di stampa» sono infatti esentati dal copyright. Non c’è quindi nessuna tassa sui link paventata dai critici della riforma. I giornalisti dovranno inoltre beneficiare dei maggiori introiti che gli editori avranno grazie agli accordi con le piattaforme. È passato poi il compromesso Parigi-Berlino sul nodo delle pmi per l’articolo 13: non dovranno sottostare agli obblighi sui materiali protetti da copyright, ma non autorizzati, le piattaforme più piccole, che esistono da meno di tre anni, con un giro d’affari annuo inferiore a 10 milioni di euro e con meno di 5 milioni di visitatori unici. Youtube e le altre grandi, invece, saranno d’ora in poi responsabili al posto degli utenti per i materiali caricati online senza autorizzazione, e dovranno provvedere «speditamente» alla loro rimozione su semplice segnalazione e compiere «il massimo sforzo» per assicurare l’indisponibilità dei contenuti privi dell’ok dei detentori dei diritti.
Non c’è quindi l’obbligo di meccanismi o filtri ex-ante dei contenuti, ossia il bavaglio strumentalmente temuto dai critici della riforma anche in casa nostra.
R. Amo., Ilmessaggero.it