Google avrebbe utilizzato procedure anomale per nascondere lo sviluppo di Dragonfly, il motore di ricerca a misura di censura da lanciare in Cina. Il progetto è stato tenuto nascosto anche all’interno della compagnia. È normale che una società mantenga riservatezza sui propri prodotti. In questo caso, però, la prassi sarebbe stata molto più rigida. Secondo diverse fonti citate da The Intercept (la testata che per prima ha svelato l’esistenza di Dragonfly), solo un ristretto gruppo di dipendenti sarebbe stato a conoscenza del motore di ricerca cinese.
Dalle riunioni sul tema sarebbero stati esclusi gli specialisti (tecnici e legali) che si occupano di privacy e sicurezza. I dirigenti sarebbero stati così cauti che, almeno all’inizio, le informazioni venivano trasferite solo in forma verbale. Mentre erano vietate mail e appunti durante le riunioni. Alcuni dipendenti coinvolti sarebbero stati anche minacciati: se avessero parlato, avrebbero perso il posto. La più grande paura dei dirigenti – ha spiegato una delle fonti – non era tanto far sapere di Dragonfly all’esterno. Il principale timore riguardava i possibili freni imposti da una eventuale opposizione interna”. I primi passi del motore di ricerca risalirebbero al 2016. A discuterne è un piccolissimo gruppo di dirigenti, tra i quali il ceo Sundar Pichai. Solo all’inizio del 2017 Dragonfly è stato reso noto a un team più allargato di sviluppatori e ingegneri. E solo ad agosto, quando The Intercept ne rivela l’esistenza, vengono a saperlo gli altri dipendenti di Mountain View.
L’opposizione interna, però, da allora si è fatta più consistente. Prima si è parlato di una fronda interna, timorosa di esporsi. Poi è arrivata una lettera aperta di oltre 300 lavoratori che chiedono l’abolizione di Dragonfly. Oggi è emersa la notizia che i dipendenti avrebbero già raccolto 200.000 dollari in un fondo: sarebbero riservati a chi decidesse di scioperare per compensare la paga persa.
La Stampa