Assomiglia sempre di più ad una rivoluzione permanente, il modo nel quale la tecnologia sta modificando il Dna delle banche. Tanto per cominciare il numero dei protagonisti si sta moltiplicando e non è più vero che per fare la banca bisogna esserlo da tanto tempo: è il caso dei nuovi attori, da Amazon a Paypal. La grande partita dei pagamenti, del modo attraverso il quale le persone, le imprese, gli enti devono regolare i loro debiti.
E questo è un punto. Che si sta risolvendo in molti casi con alleanze tra gli istituti di credito tradizionali e i nuovi attori. Ma la grande partita si sta giocando, naturalmente, sull’innovazione tecnologica. Sul modo nel quale gli istituti puntano a rendere semplice e possibilmente accattivante l’accesso ai loro servizi. Tutto passa ormai attraverso l’acronimo di fintech, che mescola finanza e tecnologia. Sono molti i banchieri che vanno nella Silicon Valley a cercare idee e possibili partnership. Anche a Milano è stato aperto un vero e proprio distretto del fintech. Ci sono gli istituti di dimensioni più grandi, da Intesa a Unicredit, che lavorano su due piani, l’innovazione interna e la ricerca di possibili start up con le quali collaborare. Magari, diventandone azioniste. Il Crédit Agricole ha adottato il modello Village, una sorta di città, con tanto di sindaco, nella quale consentire alle start up di lavorare. E poi decidere che tipo di collaborazione, eventualmente, instaurare. Il gruppo Accenture ha appena rilevato da Intesa la Sec di Padova, proprio per farlo diventare una sorta di hub dell’innovazione al servizio dei grandi gruppi e di quelli intermedi e piccoli. C’è Banca Sella che ha puntato fin dall’inizio sull’hi-tech. Il modello consortile di Cedacri.
Sono solo alcuni esempi di uno scenario in rapida trasformazione. Dove, per la verità, si ragiona per ere geologiche dal momento che in molte banche ci sono ancora programmi che girano in Cobol. Il motivo? Quando arrivavano le novità tecnologiche il timore di azzerare tutto e di perde i dati era troppo forte per cambiare completamente i sistemi. Poi ci sono state alcune miopie. Ad esempio si è capito molto tardi quanto preziose fossero le informazioni incluse nei sistemi di pagamento: ogni transazione, dall’acquisto di un viaggio all’acquisto di un libro, è un’informazione che può diventare utile per gestire i propri clienti. Ma molte banche se ne sono accorte tardi. Fa pensare l’evoluzione della Saxo Bank, ora controllata dal gruppo cinese Geely. Uso molto avanzato del riconoscimento facciale per rendere rapida l’apertura del conto, accesso digitale ai dati anagrafici dei clienti in modo da ridurre al minimo il tempo necessario per svolgere le attività più semplici. E poi una domanda, che potrebbe valere per tutti i dubbiosi dell’innovazione: «Non c’è qualcos’altro che la macchina possa fare in modo più veloce e più preciso di un uomo. In modo da utilizzare l’uomo per cose più complesse e meno di routine?». Forse in questo si nasconde il segreto del rapporto, e dei timori , tra l’uomo e la macchina.
Nicola Saldutti, Corriere.it