Il ritorno in ufficio dopo le feste non è uguale per tutti: le “allodole”, quelli che si coricano presto, al mattino entrano in ufficio superando con passo tonico i “gufi” tiratardi che invece si trascinano sbadigliando davanti alla salvifica macchina del caffè. Ma le cose potrebbero cambiare, in meglio, per tutti: si sta diffondendo nelle aziende una nuova consapevolezza sui vantaggi per la produttività del rispettare il cronotipo – ovvero l’inclinazione ad essere più attivi in un certo periodo della giornata – di ogni dipendente.
La presenza malleabile
Secondo un recente reportage del New York Times sono sempre di più le aziende nel settore finanziario, informatico e farmaceutico dove l’orario di presenza in ufficio è diventato malleabile, a misura di cronotipo dei dipendenti. Un sondaggio di quest’anno della Society for Human Resource Management, che conta tra i suoi membri i responsabili risorse umane di aziende in oltre 165 nazioni, rivela che ormai il 57% delle aziende approva la flessibilità d’orario, con un incremento del 5% rispetto al 2014. Tratti distintivi di questo approccio alla produttività sono l’organizzazione dei meeting aziendali solo in orari che possano andar bene sia per i gufi che per le allodole, come la tarda mattinata o il primo pomeriggio, o la possibilità di lavorare in remoto da casa il venerdì.
Il problema in chirurgia
E concessioni ancora più specifiche e sostanziose laddove la fatica può avere effetti disastrosi: ad esempio Southwest Airlines permette ai piloti di scegliere orari di volo mattutini o serali, e la marina americana ha cambiato, seguendo un criterio simile, i turni dei sommergibilisti. La personalizzazione degli orari non è cosa facile, perché bisogna anche tenere conto delle necessità di lavoro di gruppo: ad esempio, secondo Stefan Volk della University of Sydney Business School, coloro che devono essere al massimo delle loro capacità mentale tutti contemporaneamente, come i membri di un’équipe chirurgica, dovrebbero essere scelti tra medici con uno stesso cronotipo.
Più tardi alle medie
Non è un caso che la discussione sorga in quegli Stati Uniti in cui si sta facendo strada da qualche anno anche l’idea che le scuole medie debbano iniziare più tardi, per venire incontro ai tempi del sonno degli adolescenti. Secondo Céline Vetter, direttrice del dipartimento di epidemiologia del sonno all’Università del Colorado, ben otto persone su dieci hanno degli orari di lavoro che confliggono con il loro orologio interno. E questo è dannoso perché se ci si forza a dormire in ore diverse da quelle che il nostro cronotipo personale prevede per il sonno, la qualità del sonno ne risente e aumenta il rischio di ansia, depressione, obesità e – come suggerisce uno studio del 2015 dell’Harvard Medical School – diabete, soprattutto per i “gufi” che lavorano di mattina.
Le stanze del sonnellino
Fino a qualche anno fa le risposte a questo problema – che per il cronobiologo tedesco Till Roenneberg fa perdere in Germania e negli USA ben l’1% del PIL – sono state sostanzialmente due: la prima è l’allestimento in diverse aziende delle cosiddette “stanze del sonnellino”, locali silenziosi dove i dipendenti più stanchi possono dormire per 30-40 minuti. La seconda soluzione, meno ben vista perché invasiva rispetto al tempo privato, è stata regalare ai dipendenti braccialetti tracciasonno che aiutassero sia i gufi che le allodole a dormire il numero di ore più indicato per essere produttivi durante la giornata.
Nove ore di orientamento
Più popolare presso i dipendenti è la soluzione “cronotipo-friendly”, arrivata in Europa soprattutto grazie alle aziende americane, come la biofarmaceutica AbbVie: nei suoi uffici in Danimarca è previsto un periodo di orientamento di nove ore nel quale si stabilisce il cronotipo del dipendente, che servirà ad assegnare compiti in maniera appropriata, ad esempio riservando le mansioni più automatiche e amministrative nei momenti di minore freschezza mentale. Sistema che, secondo fonti interne all’azienda, avrebbe più che raddoppiato la soddisfazione dei dipendenti.
Etica e pregiudizi
Senza contare che studi precedenti, come “The morality of larks and owls: unetical behaviour depends on chronotype” di Christopher Barnes dell’Università di Washington, suggeriscono che la corrispondenza precisa tra il cronotipo di una persona e il suo turno lavorativo può aumentare la probabilità di comportamenti etici: le “allodole” sarebbero quindi più oneste al mattino e i “gufi” di sera. E questo al netto di stereotipi, che però giocano anch’essi un ruolo: lo stesso Christopher Barnes in un altro studio ha mostrato l’esistenza di un pregiudizio che i manager hanno verso chi inizia a lavorare più tardi, che si riflette in valutazioni semestrali meno clementi per i “gufi”. La battaglia per orari più a misura d’uomo, quindi, dovrebbe essere anche culturale.
Giuliano Aluffi, Repubblica.it