Perdite da 10 milioni negli ultimi 5 anni. Il 2017 a -2,7 mln
Neanche votarsi a un santo basta più ai giornalisti per salvarsi: il Messaggero di Sant’Antonio (da Padova) chiude la redazione formata da otto giornalisti, anche se il mensile continuerà a essere pubblicato. A ridosso di Natale, l’annuncio è arrivato ieri all’improvviso, durante un incontro dedicato allo stato di crisi in atto da un anno nel mensile a lungo più diffuso in Italia. Infatti la testata diretta da frate Fabio Scarsato non ha più diffusioni certificate ma in passato, stando ai dati Ads, superava periodici storici e molto seguito come Focus. Nella Penisola, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, gli abbonamenti sono oggi circa 270 mila (al prezzo di 23 euro l’anno) per una media totale di 400 mila copie sottoscritte (all’estero l’abbonamento al Messaggero di Sant’Antonio costa 27 euro l’anno).
I giornalisti del magazine (il cui costo si aggira sui 700 mila euro l’anno) hanno dichiarato lo sciopero a oltranza ma resta la domanda di chi produrrà i prossimi contenuti. Al momento non risultano né un service esterno né collaboratori in attività. Anche se ci sono alcuni frati iscritti all’Ordine dei giornalisti, da chiudere c’è il numero di gennaio che verrà pubblicato con una nuova veste grafica. Il restyling segna, tra l’altro, il 120° compleanno della testata.
Per motivare «la sofferta decisione», la Messaggero di Sant’Antonio editrice ha annunciato di non voler più risanare i bilanci in rosso. «Dal 2015, Messaggero di Sant’Antonio editrice ha registrato ingenti e progressive perdite», hanno precisato dall’azienda. «Il bilancio 2017 si è chiuso con una perdita d’esercizio pari a 2.725.000 euro; le perdite di esercizio nell’ultimo quinquennio (2013-2017) ammontano a circa 10 milioni». Da un punto di vista diffusionale, sempre secondo l’editrice, è sopraggiunta anche «la diminuzione del 25% del numero di abbonati alla rivista, la diminuzione del 34% del numero di abbonati alla rivista Messaggero dei Ragazzi, la diminuzione del 14% delle vendite librarie, la contrazione nella raccolta pubblicitaria del 22%». Infine, nel dubbio che le pubblicazioni proseguano senza redazione, i frati hanno precisato di voler «salvaguardare e portare avanti il progetto evangelico e caritativo, continuando a pubblicare riviste e i libri».
Italia Oggi – Marco A. Capisani