Come Montecitorio, anche il suo bagno resiste. Anche libertino oltre che liberty: l’uso ‘audace’ che ne sarebbe stato fatto da un deputato leghista e un’onorevole pentastellata, resta infatti argomento al top nei conciliaboli delle pause di lavoro, rimbalzando un po’ ovunque grazie anche ai social. E chi oggi fa il suo ingresso nelle toilette non può fare a meno di pensare ai sospiri che pare abbiano avuto luogo nei suoi vani tra esponenti della maggioranza nel pieno dei lavori sulla manovra di bilancio. Un po’ mistero, un po’ giallo: e anche Montecitorio ha il suo ‘water’-gate.
La vita, d’altronde, induce ad una certa indulgenza e ironia, se persino un vice presidente della Camera come Ettore Rosato (Pd), l’altro giorno l’ha presa con filosofia via Twitter: un buon modo per la maggioranza di utilizzare il tempo qui, “ce ne fossero tanti così, farebbero meno guai”. Le discussioni sulla vicenda si propagano inevitabilmente ovunque e a fatica proteggono la privacy degli interessati (qualcuno è stato costretto ad una smentita). Un po’ per la morbosità che sollecita ‘a prescindere’, un po’ perché rafforza i pregiudizi anti-casta che persistono attorno alle Camere.
La legislatura del cambiamento magari non inciampa sui soldi ma il sesso resta un punto debole: decrescita sia ma non del tutto infelice. D’altronde, i precedenti militano a favore della concezione della toilette come zona franca, rispetto alla quale fare o dire cose fuori dall’ortodossia istituzionale. Basti pensare al ‘caso’ Vladimir Luxuria o alla svastica disegnata su una porta. Risale al 2006 la prima vicenda che fa salire la temperatura nei bagni di Montecitorio: non per una vampata di lussuria ma per un attacco a Luxuria, intesa come Vladimir, deputata Prc e transessuale, da parte di Elisabetta Gardini all’epoca portavoce di Fi.
Vladimir si era recata nella toilette delle donne, e alla deputata forzista la scelta non andò giù: “Questo è il bagno delle donne e tu non ci puoi stare”. Luxuria all’inizio pensò ad uno scherzo e invece era tutto reale. Ne scaturirono persino dibattiti sull’opportunità di installare anche i servizi ‘transex’ e il socialista Lucio Barani presentò persino un’interrogazione.
Nel marzo 2017, invece, al centro della scena finirono le tracce di cocaina ritrovate nei bagni di Montecitorio, secondo le rivelazioni del ‘Fatto quotidiano’, che riuscì a fare delle rilevazioni sulle mensole, in una giornata di votazioni. In questo, per la verità, i Palazzi non sembrano variare a seconda delle latitudini, se è vero che anche alla Camera dei Comuni e al Bundestag si sono registrati casi analoghi. E’ del 2006 l’inchiesta delle ‘Iene’ che riuscì a fare i rilevamenti sugli onorevoli, usando le tracce lasciate sui tamponi del trucco per le interviste in trasmissione. Ne nacque una scia di polemiche che portò anche agli ‘onorevoli’ test sui capelli dei parlamentari, a volte esibiti come trofeo nei loro risultati negativi.
La battuta rimasta storica fu quella di Daniele Capezzone: “Se un cane antidroga si presenta a Montecitorio gli va in tilt il naso”. E dire che il suo ex leader, Marco Pannella, fu condannato per aver distribuito hashish alla Camera… Ma i tempi cambiano, o tornano, a seconda delle aspirazioni (qui però la droga non c’entra): sempre nel bagno della Camera, appena otto mesi fa, ha destato scalpore la svastica disegnata su una porta. Prontamente rimossa, ma che on line non conosce diritto d’oblio.
Adnkronos