Cosa resta dell’impero di Don Salvatore, ai massimi all’inizio degli anni Duemila poi travolto nel mezzo della Grande Crisi. E perché nessuno vuole ora occuparsene. Gli immobili della svizzera Defendant
Quel che resta di un impero.
Il Tribunale di Milano «ha dichiarato giacente l’eredità del Signor Salvatore Ligresti deceduto a Segrate il 15 maggio 2018», a 86 anni. L’annuncio è comparso pochi giorni fa in Gazzetta Ufficiale. E fa un certo effetto ripensando a chi è stato Ligresti. È un’eredità giacente, e affidata a un curatore, perché nessuno la vuole. O meglio: nessuno degli eredi, per ora, l’ha accettata. Ma esiste un patrimonio? O crac e inchieste hanno prosciugato ogni bene e si rischia di dover solo pagare debiti? E che fine ha fatto la misteriosa holding svizzera che possedeva le case di famiglia e 32 appartamenti a San Siro?
Un benestante Flashback.
Milano, anno 1981 la polizia verbalizza le dichiarazione di un semi-sconosciuto «ingegnere progettista» che si definisce «benestante». Tre mafiosi siciliani gli hanno rapito la moglie. Salvatore Ligresti entra così, drammaticamente, a quasi 50 anni, nelle pagine di cronaca dei giornali (sarà poi pagato un riscatto e la moglie rilasciata). In realtà era un uomo d’affari, soprattutto immobiliari, già con ottime entrature politiche e con un notevole portafoglio. Da lì in poi per 30 anni sarà uno dei protagonisti della finanza milanese. Adesso che l’eredità di Salvatore Ligresti è «giacente», viene in mente quel trionfale 2003, apice della parabola.
Anni d’oro
L’ingegnere ha appena acquisito Fondiaria, la fonde con Sai e in Borsa si mormora addirittura di un suo interesse per la Toro (oggi parte del gruppo Generali). Ha oltre il 2% di Mps e di Generali dove prova, invano, a piazzare la figlia Jonella in cda. Dice che ha troppi impegni per entrare anche nel capitale della Lazio (orfana di Sergio Cragnotti, travolto dal crac Cirio) e di Capitalia, la ex Banca di Roma targata Cesare Geronzi. Poi prenderà quote sia dell’una che dell’altra entrando anche nel patto di sindacato. In quell’anno Gianpiero Fiorani chiama l’ennesimo aumento di capitale della Popolare Lodi: vi partecipano anche Ligresti, Mariella Burani, Calisto Tanzi …. Don Salvatore, come lo chiamava Enrico Cuccia, storico presidente di Mediobanca, è socio di Via Filodrammatici, compra il «solito 5%» anche in Rcs (l’editore del Corriere), possiede la Atahotels, coltiva con la Grassetto il vecchio amore delle costruzioni. Ricco e potente.
La crisi esplode nel 2011, le inchieste giudiziarie travolgono «Mister 5%» e i tre figli; nel 2013 gli arresti, il carcere, i domiciliari, le condanne in primo grado (aggiotaggio e falso in bilancio). Le spregiudicate manovre in Borsa e la gestione pro-famiglia delle aziende quotate hanno un prezzo, già in buona parte pagato. Ma il conto finale ancora non si conosce. Resta la domanda: che cosa «giace» nell’eredità? La risposta potrebbe arrivare anche tra 10 anni ; questo infatti è il termine a disposizione degli eredi per decidere se accettarla o rifiutarla.
L’inventario
Nel frattempo per evitare che il patrimonio resti privo di tutela giuridica, Stefano Rosa, presidente della quarta sezione del tribunale di Milano, ha nominato curatore l’avvocato Valentina Roberto. Ha il compito di salvaguardare gli interessi dell’eredità, amministrarla, occupandosi di fare l’inventario, rispondere a eventuali istanze proposte contro di essa e alla fine devolverla allo Stato se non viene accettata. Ecco: l’inventario. È in corso e, come dice l’annuncio del 22 novembre, chi vantasse un credito nei confronti di Salvatore Ligresti ha tempo 30 giorni per presentarlo. Dopodiché si farà il saldo tra poste attive e poste passive. Non è un lavoro semplice considerati i numerosi fronti legali ancora aperti in famiglia. Sul versante poste attive c’è l’incognita di una holding svizzera coperta da fiduciarie e alla quale era ricondotto il patrimonio immobiliare personale dei Ligresti. L’incognita è legata al fatto che la schermatura fiduciaria impedisce di «vedere» se nel frattempo la proprietà è passata di mano.
La holding in Svizzera
Quel che resta dell’impero potrebbe dunque essere dentro la Defendant, controllata dalla Atlantide Consulting, entrambe di Lugano e gestite da un certo Mark Di Raimondo. Da esse dipende un gruppetto di immobiliari italiane tra cui la Pegasus. Quattro anni fa, era intestataria di 32 immobili nel quartiere residenziale milanese di San Siro con un valore di bilancio di circa 15 milioni (presumibilmente inferiore a quello di mercato). Tra quegli immobili ci sarebbero anche le lussuose abitazioni di famiglia. Oggi l’attivo è sempre intorno ai 15 milioni e a gestire la società è sempre Stefano Conticello, un professionista di fiducia dei Ligresti. Il 4 maggio, 11 giorni prima della morte di Ligresti all’ospedale San Raffaele, è stato approvato il bilancio 2017. Ha votato solo il rappresentante di un’unica azione, del valore di un euro: quella dell’ingegnere di Paternò. La svizzera Defendant (4,8 milioni di azioni) non si era presentata. Del piccolo e sconosciuto arcipelago che fa capo alla Defendant fanno parte anche alcune società romane tra cui la «Metodo Innovativo in Edilizia» che lo scorso anno ha venduto un immobile a Milano, in bilancio a 3 milioni. La sua controllante, «Metodo Innovativo Immobiliare», ha asset per 8 milioni e all’assemblea, sempre il 4 maggio, si è presentata solo la fiduciaria Fidirevisa con una azione e ha approvato il bilancio. Schema identico al precedente dove era Salvatore Ligresti direttamente a farsi rappresentare; e sempre Conticello a gestire. Qui dunque ci sarebbe quel che resta del patrimonio di Ligresti. Ma solo qui? L’inventario è appena iniziato.
Mario Gerevini, corriere.it