Tensione nel vertice di governo sul dl fiscale. Oltre al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sono presenti il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, i due vice al Mef, Massimo Garavaglia e Laura Castelli, insieme al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. Assenti il vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che però è in arrivo a Roma e a breve dovrebbe raggiungere Palazzo Chigi. Di Maio sarebbe a Palazzo Chigi ma ferma è la volontà di non prendere parte alla riunione per manifestare il suo dissenso.
“Il decreto fiscale c’è oggi pomeriggio, la manovra di bilancio domani – ha detto Salvini, intervenendo all’assemblea nazionale di Confimi Industria all’Autodromo di Monza – il nostro obiettivo è semplificare e pagare sempre di meno, ma ho ben chiari quali sono i nodi”.
SALVINI – “Agli amici del M5S dico: saldo e stralcio delle cartelle di Equitalia, per chi ha fatto la dichiarazione dei redditi ma non è riuscito a pagare tutto, è nel contratto di governo. E per me quello vale” ha detto il vicepremier.
“Sono convinto – ha spiegato Salvini – che ci sia bisogno di un nuovo rapporto tra italiani e Equitalia. Gli evasori totali, quelli che non hanno mai compilato la dichiarazione dei redditi, per me devono marcire in galera fino alla fine dei loro giorni, ma l’artigiano, il piccolo imprenditore o il commerciante che è schiavo di una cartella da 40mila euro da una vita, deve poter tornare a vivere e quella cartella va stracciata. Ne sono straconvinto e questo c’è nel contratto di governo”.
PACE FISCALE – Al centro del braccio di ferro tra Di Maio e Salvini, viene spiegato da autorevoli fonti 5S, c’è infatti il capitolo della pace fiscale con il vicepremier e ministro del Lavoro deciso a chiedere un ‘tetto’ come limite della possibilità, per ogni contribuente, di mettersi in regola. Non è tutto.
Il M5S chiede a gran voce che la pace fiscale venga circoscritta a tutti quei cittadini che non hanno pagato le tasse dovute ma in ogni caso hanno segnalato in modo fedele il proprio debito al fisco, ovvero hanno effettuato correttamente tutte le dichiarazioni. Il ‘nero’, per i grillini, deve essere lasciato fuori.
Così Di Maio sarebbe ora impegnato al terzo piano della presidenza del Consiglio, per limare il pacchetto di misure sulle semplificazioni alle piccole imprese che vorrebbe entrasse nel dl fiscale, ma che starebbe trovando il muro della Lega. E anche questo è ulteriore motivo di scontro.
MISURA BRAMINI – Tanto più – il ragionamento che rimbalza da alcune ore nelle file 5 Stelle – che quando entri nel piano scivoloso del ‘non dichiarato’ può trovare spazio qualsiasi forma di condono, compreso lo scudo per chi detiene capitali all’estero.
Ma se il Movimento punta i piedi sul capitolo fisco, dichiarandosi “irremovibile” sulla questione, i leghisti avrebbero dato l’altolà -raccontano fonti di governo M5S – a una norma imprescindibile per il Movimento, ovvero la cosiddetta misura Bramini (dal nome dell’imprenditore brianzolo fallito per un credito inevaso dallo Stato) per rendere impignorabile la prima casa.
Oltre a fare muro su un pacchetto di misure per la ‘sburocratizzazione’ realizzato e voluto da Di Maio in persona per favorire le piccole imprese.
Adnkronos