Il finto asino inventò il Var e trasformò lo sport in circo
Il re del «Processo» diceva strafalcioni per sembrare un illetterato. Con le sue vallette stregò Agnelli e Berlusconi. L’unico cartellino rosso lo prese dall’Ordine per Calciopoli
(di Cesare Lanza per LaVerità) Conoscevo Aldo Biscardi quando ero un pischello debuttante e lui una firma già importante nello sport, a Paese Sera, anche se non immaginava che un giorno sarebbe diventato un astro della televisione. Era simpatico e coinvolgente, Aldo – come tanti a somiglianza di Gianni Brera (intendiamoci, solo in questo) – aveva il gusto di spararle grosse. Come quando sosteneva che Fabio Capello, il ragazzo d’oro della Roma, non avrebbe potuto avere un futuro importante perché correva col sedere basso e la schiena rigida. Era caustico, Biscardi, e perfidamente pungente. Non credo che abbia mai capito granché di calcio, però era uno straordinario divulgatore, creativo, affabulatore. Soprattutto non era superbo o presuntuoso nei rapporti umani: lo era solo quando scriveva, ma affabile ed educato nella vita di ogni giorno. Per prima cosa – come piaceva a lui – vi intrattengo con un po’ di veleno: un piccolo bouquet delle sue incredibili esternazioni. Sciocchezze divertenti, che hanno molto contribuito alla sua popolarità, al punto che in molti sospettiamo, astuto com’era (forse simile a Mike Bongiorno), le studiasse a tavolino. Gemme di involontario umorismo. «Incrocio le dite», «Dobbiamo andare con il piede per terra», «È una notizia importante, per radio la possono vedere tutti», «Qui al Processo del lunedì le polemiche fioccano come nespole», «Non parlate in più di tre o quattro per volta, sennò non si capisce niente!», «Dove giocherà Baggio l’anno scorso?», «Io sono come Joyce, Pascoli, Leopardi e Pasolini. È il destino dei grandi poeti essere dileggiati», «A nome di tutta l’umanità che venga magari catturato anche durante il Processo quell’assassino di Bid Labben!», (Rivolto all’avvocato Taormina) «Carlo, incomincia a parlare tu, che sei un foro del principe», «Carraro, se ci sei batti questo colpo e metti la moviola! C’hanno chiamato da tutto il mondo per la moviola: dalla Germania, dall’Inghilterra, dalla Spagna, dalla Francia e c’ha chiamato pure Platinette (Platini, ndr)».
Di fronte a tutto questo, i commenti su di lui sono molto diversi: elogi e simpatia si alternavano a severità e sarcasmo. Nel momento della sua morte: «Ricordo l’uomo, non il professionista. Non vorrei essere retorico, ho tanti ricordi di lui, ma non me la sento in questo momento… Nel mondo del giornalismo ha portato qualcosa di completamente nuovo e diverso. Ha fatto discutere, ha creato polemiche e ha inventato qualcosa di completamente diverso. Privo di formalismi, è stato uno choc per l’ambiente» (Tiziano Crudeli, opinionista e suo affezionato collega). «I superficiali – e Dio solo sa quanto il mondo ne sia pieno – lo prendevano in giro per il suo marcato accento molisano, per gli strafalcioni e i neologismi improbabili, per il suo calcio parlato da bar sport. Io lo conoscevo bene, però. E posso dirlo con assoluta certezza: Aldo Biscardi non era un illetterato incompetente, tutt’altro. Questa è una stupida illusione che lascio agli stolti. Aldo era invece un genio della televisione, un animale da schermo catodico, un giornalista vero, un uomo profondo che aveva fatto della leggerezza la sua regola di vita. Sarebbe piaciuto a Italo Calvino, che riteneva la leggerezza la maniera migliore di planare sulle cose dall’alto, senza avere macigni sul cuore… È stato così anche per la moviola in campo, suo antico cavallo di battaglia, che oggi i dotti chiamano Var. Ma che era la sua fissazione e il motore di ogni sua analisi a posteriori sulle immagini dei falli e dei rigori non dati, vivisezionate fino allo sfinimento…» (il ricordo di Lucio Rizzica, giornalista di Sky Sport). «Esiste un mercato del cattivo gusto e il trionfatore è Aldo Biscardi. Imbattibile. I più casinisti, i presidenti peggiori li trova sempre lui. Ha fiuto. Siamo amici, ma la sua è una televisione che non mi piace. Come quella che fa Maurizio Mosca. Io gli voglio bene. Ma non amo quello che fa in televisione» (Candido Cannavo). «Legge di Biscardi: la porta si viola, ma va bene anche di un altro colore» (Gino e Michele), «Uno dei più grandi responsabili dello sfacelo del giornalismo sportivo è stato Aldo Biscardi. E con lui, tutte le trasmissioni simili al Processo del lunedì che sono nate successivamente» (Gianni Mura).
Vi propongo alcuni passi di un’eccellente intervista che gli fece Giancarlo Dotto per Dagospia, esattamente nell’ottobre di tre anni fa. «”Sei come Fidel Castro. Eterno”. “L’unico che temevo era l’americano David Letterman, ma lui ha smesso e, comunque, anche fosse, non poteva battere il mio record, perché è stato un anno fermo”. “Sei come Eduardo De Filippo. Lui non ha mai dato l’addio al teatro perché il teatro era la sua pelle”. “No, lui è un’altra cosa e merita tanto rispetto… Andare avanti per me è naturale”. “Non senti il peso?. Sei come Molière e Franco Scoglio, aspiri alla morte in scena”. “Io mi ritengo un giornalista che ha lavorato con onestà”. “Il tuo è l’unico processo amato da Silvio Berlusconi”. “Ci ho parlato anche ieri. Lo sento spesso Silvio. Non si vuole arrendere… C’è un tale casino in politica, pure questo Papa… Secondo me è un Papa comunista. La mamma della mia valletta, Giorgia, fu sua segretaria in Argentina. So tutto di lui”. “Hai scritto un libro su Wojtyla”. “Col quale me so’ fatto la casa in campagna. Diciotto edizioni. Tutte le prime pagine dei giornali del mondo. Ho fatto con Gianni Dego anche un disco su Bergoglio distribuito in tutto il mondo, Francesco d’Argentina, testo di Aldo Biscardi”. “E Di Pietro?”. “Lui vorrebbe sempre stare in trasmissione da me, anche adesso, ma l’ho fatto venire solo due volte”. “Non è abbastanza telegenico?”. “Non mi va. Non è uno sportivo vero. E poi partirebbe subito la storiella: ecco i due paesani che fanno comunella…”. “Il tuo telecronista preferito?”. “Sarò antiquato, ma dico Nicolò Carosio. Gran voce, improvvisava e ti dava il senso della partita. Oggi non te la fanno vivere la partita. Commentano troppo e non raccontano… Te ne dico una bella su Carosio… Finale mondiale Brasile-Svezia del 1958. A cinque minuti dalla fine Carosio se l’è fatta sotto”. “Si è urinato addosso?”. “No, quale pipì, si cagò sotto… Chiuse bruscamente la diretta a cinque minuti dalla fine. Un attacco di diarrea”. “Ne hai avute di vallette”. “Tante belle ragazze. Mai avuto uno sbandamento?”. “Diciamo di no, anche fosse stato credi che te lo direi?”. “Il segreto del Processo?”. “Sono passati tutti da me. Ho avuto Pertini collegato in diretta. Andreotti e D’Alema. Berlusconi l’ho avuto in diretta sei, sette volte. Ho avuto in studio anche Gianni Agnelli, contro la volontà di Boniperli, ch’era convinto che fossi contro la Juve”. “Non ne conosco tanti che hanno avuto empatia con Gianni Agnelli e Silvio Berlusconi allo stesso tempo. Si sono mai invaghiti delle tue vallette? ‘. “A Berlusconi piacevano tante, almeno sei o sette in particolare. Ad Agnelli un paio. Paola Perissi, in particolare… È la cosa più bella della tua trasmissione, mi disse”. “Hai avuto Maradona opinionista”. “Ospite fisso. Avevo questa attricetta in trasmissione con me. Una volta ero già in studio che partiva la diretta e Diego non arrivava. Dove cazzo sta?, urlavo. Se ne stava chiuso in camerino con l’attricetta”. “Migliaia di ospiti. Con quali hai avuto più feeling?”. “Con i calciatori non ho mai legato. Nessun calciatore è venuto in casa mia, al contrario dei dirigenti e delle vallette”. “Ti piace Ilaria D’Amico?”. “È la migliore. Buffon mi era più simpatico prima. Capendo che la carriera va a finire, parla da manager, da giornalista, assegna i voti. Non era così prima”. “Il tuo amico Luciano Moggi?”. “Mi hanno detto che a Torino abita nel piano sotto quello di Agnelli, il presidente”. “Raccontami…”. “Era la copia leggermente sbiadita di Italo Allodi. Italo è stato il primo general manager alla Moggi. Aveva carta bianca. Poteva fare tutto. Comprare i giocatori, parlare con gli arbitri, con gli allenatori e i giornalisti. Moggi è una creatura di Allodi. Non nascondeva di fare tutto per la sua società. Quale giornalista non baro può negare questo? Quelli come Moggi dettavano le regole del calcio. Come faceva Allodi ai suoi tempi. Luciano aveva il potere che hanno tutti i manager, solo che lo ostentava”. “Ti chiamava per condizionare il tuo Processo?”. “Come no, lo faceva con tutti”. “E gli arbitri?”. “Uno di loro mi disse: due anni che arbitro in Serie A e ho dovuto acquistare due cantine per tutti i regali che mi facevano… Mica roba da poco. Molte automobili”».
Biscardi era nato a Larino, il 26 novembre 1930, è morto a Roma, 1*8 ottobre 2017. La sua immensa fama è legata al Processo del lunedì (dal 1980 al 1993) in Rai e al Processo di Biscardi (dal 1993 al 2016), in varie reti, da Tele+ a Telemontecarlo e altre ancora. C’è anche il cinema: Biscardi ha fatto la comparsa nell’Allenatore nel pallone, è stato nominato da Aldo Giovanni e Giacomo in Chiedimi se sono felice («Giacomo, guarda, parlare con te o parlare con Biscardi è la stessa cosa»). Nel maggio 2006 Aldo rimase coinvolto nello scandalo Calciopoli: comunicazioni telefoniche fra lui e il principale inquisito, Luciano Moggi (all’epoca direttore generale della Juventus), in cui Moggi gli diceva cosa dire o non dire in trasmissione (oltre a fargli manipolare la moviola, cosa che Aldo sostenne tecnicamente impossibile). In una telefonata Moggi gli rinfacciava di avergli dato un orologio del valore di 40 milioni di lire (circa 20.000 euro). A Striscia la notizia, a Valerio Staffelli, che gli consegnava un Tapiro d’oro smentì la valutazione economica, aggiungendo che si trattava di un orologio celebrativo del centenario di fondazione della Juve. Il contenuto delle telefonate non ebbe rilevanza penale, però a livello disciplinare, nel settembre 2006, l’Ordine dei giornalisti gli inflisse una sospensione di sei mesi. In aperta polemica, Biscardi decise di non confermare più l’iscrizione all’albo dei giornalisti. Ho la convinzione che Aldo sia stato un uomo e un personaggio di spettacolo, un istrione forse più che un giornalista: sempre generoso ed onesto, E penso che l’Ordine lo abbia trattato con inconsueta, ingiusta severità. Il giorno del funerale, la moglie Elsa lo ha ricordato così: «Oggi è lunedì e questo era il suo giorno e, nonostante le lacrime, dobbiamo sorridere perché va via felice nel suo giorno».