Pare confermato ciò che tutti sospettavano da sempre: stare sui libri fa male agli occhi. Una massiccia ricerca britannica dimostra una forte associazione tra la scolarizzazione e la miopia.
Secondo lo studio, apparso quest’estate sul British Medical Journal, un’equipe dell’Università di Bristol ha esaminato il rapporto tra vista e scolarizzazione su un campione di circa 68mila residenti del Regno Unito, trovando che: “Al laureato universitario inglese con 17 anni di scolarizzazione manca mediamente una diottria rispetto a chi ha invece abbandonato gli studi a 16 anni… un livello di miopia che impone l’obbligo di portare gli occhiali per guidare”.
I ricercatori hanno potuto escludere invece una causa genetica per il fenomeno, la spiegazione tradizionalmente preferita da educatori e insegnanti. Anche se vale sempre la regola che associazione non è (necessariamente) causazione, quando la relazione è forte – come nel presente caso – è difficile evitare il suggerimento che siano proprio gli studi la fonte del problema. La mente popolare aveva già lungamente percepito il rapporto tra lo studio sui libri e la vista corta. Il secchione dell’immaginario collettivo porta sempre gli occhiali.
Il risultato spiegherebbe inoltre la drammatica “epidemia” di miopia apparsa in epoca moderna, insieme con la generalizzata impennata della scolarizzazione. Sessant’anni fa, dal 10 al 20% della popolazione cinese era miope. Oggi fino al 90% dei teenager e giovani adulti del paese lo sono. La condizione ora si riscontra in circa il 50% dei giovani adulti americani ed europei, il doppio di cinquant’anni fa. Secondo una relazione del World Economic Forum/EYElliance, se il trend dovesse proseguire, entro il 2050 circa la metà della popolazione mondiale sarà miope: 4,8 miliardi di persone.
Il fenomeno ha un chiaro impatto su molti aspetti del design, come l’impaginazione dei prodotti per l’editoria e le scelte grafiche dei siti Internet. Vale la pena ricordare che un altro elemento regolarmente associato alla scolarizzazione è la maggiore disponibilità di reddito discrezionale. Il salto logico è ovvio: tendenzialmente, i consumatori con più da spendere saranno quelli che ci vedono meno.
James Hansen, Nota Design