Redditometro, pochi controlli e pochi incassi nel 2017. Appena duemila accertamenti e solo un milione il recupero effettivo complessivo conseguito al 31/12. Nel 2017, pertanto, è proseguita, inesorabile, la discesa della determinazione sintetica dell’imponibile di cui all’art. 38 del dpr n.600/1973. Lo ha evidenziato la Corte dei conti nell’ultima relazione del rendiconto generale dello Stato. I numeri pubblicati nel rapporto ufficiale sono chiari: nell’ultimo anno gli accertamenti sintetici sono stati solo 2.024, con un calo del 28% sull’anno precedente, del 65,3% rispetto al 2015 e addirittura del 81,7% rispetto al 2014. Maggiormente indicativi quelli sull’esito finanziario di fine periodo d’imposta: appena un milione di euro, a fronte dei 5 del 2016 e dei 131,5 dei quattro anni precedenti. Cifre che hanno portato la magistratura contabile ad affermare che l’accertamento sintetico ha «perso completamente rilievo nell’azione di controllo fiscale, anche oltre i limiti che un uso oculato dello strumento lascerebbe prevedere e nonostante le arrischiate aspettative di gettito che ad esso erano state attribuite». Il redditometro, pertanto, non sembra più essere uno strumento centrale per stanare chi nasconde all’Erario molti più redditi di quanto disponga: messo, di fatto, in naftalina dall’amministrazione finanziaria e ora in «stand by» anche in via normativa. Infatti il 7 agosto il Senato ha approvato il ddl di conversione del decreto Dignità (dl n.87/2018), che si appresta a essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale (si veda ItaliaOggi di ieri): il decreto estivo del governo Conte, tra le varie modifiche in materia fiscale, prevede un restyling di questo strumento di accertamento. La «versione 2.0.» del redditometro passa da due distinti interventi normativi (si veda ItaliaOggi del 04/07/2018): l’abrogazione del dm 16 settembre 2015, contenente gli elementi necessari per effettuare l’accertamento e l’introduzione del parere dell’Istat e delle associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori e risparmiatori. Le disposizioni del predetto decreto cessano di avere efficacia per gli anni di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2015, pertanto viene bloccato l’utilizzo degli indicatori per la ricostruzione del tenore di vita per gli accertamenti sui periodi d’imposta 2016 e successivi. Nel sistema previgente il reddito veniva determinato considerando: l’ammontare delle spese presenti nelle banche dati fiscali sostenute dal contribuente, l’ammontare delle ulteriori spese desunte da studi socio-economici, le «spese per elementi certi» (di genesi statistica), la quota relativa agli incrementi patrimoniali imputabile nel periodo d’imposta al netto dei disinvestimenti e del mutuo/finanziamento e, infine, la quota di risparmio riscontrata formatasi nell’anno, se non utilizzata per consumi e investimenti. Il decreto soppresso, inoltre, basava gli indici di capacità contributiva anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza dal contribuente.
Questa modalità di determinazione sintetica rimane ancora in vita, ma solo per le istruttorie accertatrici già avviate dall’Agenzia delle entrate. Come ricordato sopra, infatti, per evitare qualsiasi impatto negativo sulle aspettative di gettito erariale, la novella normativa dispone che le modifiche non interessano gli inviti a comparire e gli altri atti ex art. 38, comma 7, dpr n. 600/1973, per gli anni sino al 2015. A dispetto dei numeri risicati del 2017 sul redditometro, con le modifiche apportate all’istituto in esame attraverso il dl n. 78 del 2010, era atteso un maggior gettito fiscale di ben 741,2 milioni di euro nel 2011, 708,8 milioni nel 2012 e 814,7 milioni nel 2013.
Nella recente relazione sul rendiconto generale dello Stato la Corte dei conti rileva, infine, che il 16,8% degli accertamenti sintetici nel 2017 ha comportato un recupero di imposta ricompreso tra 0 e 1.549 euro e che «ben 790 accertamenti di tale natura (39% del totale) si sono definiti per mera inerzia del contribuente, con le prevedibili conseguenze negative in termini di possibilità di introito delle somme accertate».
Vincenzo Morena, ItaliaOggi