Era uno degli obiettivi dichiarati dal governo, in particolare dalla componente grillina. Il risultato è stato ottenuto con un emendamento al decreto “milleproroghe”: la completa liberalizzazione del mercato elettrico viene rinviata ancora di un anno. Se ne riparlerà solo dal primo luglio del 2020, quando scatterà l’obbligo per oltre 20 milioni di famiglie di firmare un nuovo contratto di fornitura del servizio.
E’ bene chiarire alcune cose. Il mercato dell’energia, sia per l’elettricità sia per il gas naturale, è già liberalizzato da oltre dieci anni, nel senso che è stato aperto completamente ai privati. Ma per l’energia elettrica non è stato abolito il cosiddetto “mercato di tutela”: in pratica, non è mai stato imposto il passaggio a un nuovo operatore. In questo modo, i consumatori sono stati lasciati liberi di sottoscrivere nuovi contratti, in base alle offerte più o meno convenienti, oppure di rimanere con l’operatore con cui erano legati prima della liberalizzazione. A queste 20 milioni di utenze si applicano tariffe che, al netto di alcuni oneri fossi (come gli incentivi alle rinnovabili o i contibuti per i miglioramenti alle infrastrtture), variano ogni tre mesi e sono stabilite da un authority indipendente che negli anni ha preso varie denominazioni. Ora si chiama Arera, Autorità di regolazione per energia reti e ambiente. Perché fissa anche le tariffe per il servizio idrico e per lo smaltimento dei rifiuti.
Proprio su segnalazione dell’Authority, la liberalizzazione è stata rinviata più volte. L’ultima da parte del governo Gentiloni che aveva fissato il nuovo limite per il passaggio definitivo al mercato libero al primo luglio del 2019. I timori sollevati hanno sempre riguardato la possibilità di un incremento delle tariffe, almeno in una prima fase della liberalizzazione, così come l’impreparazione di una parte delle famiglie e destreggiarsi con un servizio per il quale non è mai chiaro come vengano suddivisi i costi, tra prezzo delle materia prima (l’elettricità o il gas), gli oneri aggiuntivi e il peso della fiscalità.
Preoccupazioni, in qualche modo, emerse anche l’altro giorno anche durante l’audizione in Parlamento tenuta da Stefano Besseghini, il “tecnico” che il governo Conte ha indicato come nuovo presidente dell’Arera e che ora deve affrontare il voto di gradimento delle commissioni competenti. Besseghini, a precisa domanda sulla fine della maggior tutela, ha detto che è necessario “garantire l’appianamento delle asimmetrie informative, bisogna fare in modo che le decisioni siano consapevoli e possibili, in una chiarezza di rapporto tra costo e beneficio che sia trasparente all’utente, e non sempre l’utente è sufficientemente competente”. E ha assicurato: “E’ un ambito sul quale posso assicurare che ci sarà tutto l’impegno personale”.
Luca Pagni, Repubblica.it