L’assicurazione sociale che rimborsa i lavoratori che incappano in infortuni, torna a far discutere. A sollevare il problema è il numero uno del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Istituto, l’organismo nel quale siedono sindacati e datori di lavoro, Giovanni Luciano. Che dà il numero preciso: l’Inail ha chiuso il bilancio consuntivo del 2017 con un avanzo di 1 miliardo e 630 milioni ed è “troppo”. “Sarebbe meglio – afferma il presidente dell’organismo di controllo – avere minore positività economica ma migliori prestazioni e migliori rendite per gli infortunati”.
Luciano precisa che la sua vuole essere una “critica costruttiva”, non certo un attacco “a un ente in cui si riesce a tenere un invidiabile avanzo finanziario”. Ma il problema è presto detto: se quell’avanzo si genera è perché l’Inail incassa una decina di miliardi – di fatto i contributi versati dalle imprese – mentre le sue uscite si fermano a poco più di otto miliardi. Ora, è il ragionamento di Luciano, per quale ragione i datori di lavoro devono versare più di quel che è necessario per il funzionamento dell’Inail e per l’erogazione delle sue prestazioni? Quel che chiede Luciano “è di riequilibrare la situazione”, appunto in maniera costruttiva.
In soldoni, ci sono due strade per farlo: o abbassare le tariffe che versano le imprese oppure ampliare le prestazioni dell’Istituto. Più che ai rimborsi, Luciano guarda “alla ricerca che non riesce a dispiegare il suo potenziale, alla prevenzione che in alcune aree è ancora insufficiente e anche alla possibilità di invesitmento che è bloccata da una miriade di lacci e lacciuoli, spesso esterni all’Istituto stesso.
Abbassare le tariffe sarebbe come una manovra di riduzione del cuneo, e se si considera l’avanzo miliardario in discussione si capisce come possa essere una partita ben più ricca – per esempio – delle cifre che girano alla Camera per sgravare le assunzioni. “Fin dal 2000 dovevano essere riformate le tariffe, ma non è mai stato fatto nulla”, osserva Luciano. A dire il vero, alcune riduzioni sono intervenute attraverso le leggi di Stabilità. Nella relazione per il 2017, ad esempio, l’Inail ricordava che “sul bilancio hanno inciso anche nel 2017 le misure della legge di stabilità per il 2014: la riduzione del 16,48% di premi e contributi è parzialmente tamponata dai 700 milioni di euro trasferiti dallo Stato. Hanno gravato i 204 milioni riversati allo Stato per riduzioni e razionalizzazione della spesa. Anche per il 2018 sarà attuata la riduzione di premi e contributi, nella misura del 15,81%, per un importo di un miliardo e 200 milioni di euro”. Se non ci fossero stati questi tagli da 1,2 miliardi, dunque, l’avanzo sarebbe volato verso i 3 miliardi.
La situazione non è certo esplosa quest’anno, ma va avanti da diverso tempo. A forza di avanzi, si è arrivati a superare i 25 miliardi di disponibilità liquide. Che, come ricorda la Corte dei Conti nel suo ultimo rapporto sul bilancio Inail chiuso al 31 dicembre 2016, sono depositati “senza remunerazione” presso la Tesoreria centrale dello Stato. E coprono per la stragrande maggioranza le “riserve tecniche” di oltre 32 miliardi di euro, ovvero sono la voce patrimoniale che fa da garanzia agli impegni già sorti dell’Istituto verso gli assicurati. Su quelle risorse aveva messo gli occhi a fine anno scorso un gruppo di avvocati riuniti nell’Associazione per la tutela delle attività economiche, che lavora a una class action per fare restituire queste “tasse occulte” ai legittimi proprietari, ovvero le imprese.
Repubblica.it