Portati nell’hotspot in attesa di essere smistati. Unhcr: “Fine di una sofferenza prolungata e ingiusta”. Il sindaco: “Subito un incontro con Salvini”
Sono tutti a terra, i 450 migranti a bordo della nave Monte Sperone della Finanza e della Protector di Frontex, ferme da sabato in rada a Pozzallo. L’autorizzazione allo sbarco è arrivata dal Viminale poco prima della mezzanotte di ieri. Venerdì le due imbarcazioni avevano intercettato e soccorso un barcone con 450 persone. Ora gli uomini della prefettura e della questura sono al lavoro per lo smistamento dei migranti verso i 5 Paesi della Ue (Francia, Malta, Germania, Spagna e Portogallo, cui nelle prossime ore dovrebbe aggiungersi anche il Belgio) che hanno dato la loro disponibilità ad accoglierne una parte. “Una vittoria politica” secondo il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. “Oggi per la prima volta potremo dire che sono sbarcati in Europa”, il commento di Palazzo Chigi.
Il regalo di due bimbi italiani
Già ieri sera era stato consentito lo sbarco di donne e bambini, alcuni in condizioni critiche per la prolungata esposizione al sole, insieme a chi aveva bisogno di assistenza medica e ad alcuni uomini, per evitare che le famiglie venissero divise. Nel lungo pomeriggio di attesa, poco prima dello sbarco, nel porto di Pozzallo un manipolo di turisti, telefonini sguainati per riprendere il trasbordo. Fra loro una mamma con due figli, due gemellini con i capelli corti imbionditi dal sole, e in calzoncini corti, ma senza maglietta. I tre hanno cercato un responsabile delle procedure di sbarco e si sono fatti avanti: i due bambini hanno voluto regalare le loro magliette ai coetanei africani.
Il sindaco: “Incontro urgente con Salvini”
Lo sbarco – prima dalla Protector, e stamattina dalla Monte Sperone – ha avuto inizio dopo le due. Ad attendere i profughi i medici dell’Asp Ragusa, i medici marittimi e i sanitari dell’Usmaf per la prima assistenza. Dopo le prime visite, sono stati trasferiti nell’hotspot di Pozzallo. “Il viaggio martoriato dei migranti è finito, anche la macchina dell’hotspot ha funzionato ma la nostra capacità organizzativa è stata messa a dura prova”, dice Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, che ora chiede “un celere incontro con il ministro Salvini“. E spiega: “Si tratta di discutere ogni dettaglio per il futuro, per evitare errori che potrebbero compromettere il lavoro certosino che portiamo avanti da anni”. Ammatuna parla di “una vittoria dell’Italia e dell’Europa”.
Fermati i presunti scafisti
Durante lo sbarco, la squadra Mobile di Ragusa ha fermato alcuni uomini con l’accusa di essere gli scafisti della traversata. Sono stati portati in questura per essere interrogati: si sospetta che possano essersi alternati alla guida del barcone.
Unhcr: “Sofferenza prolungata e ingiusta”
Lo sbarco mette fine a “una sofferenza prolungata e ingiusta”: lo scrive in un tweet Unhcr Italia, il braccio italiano dell’agenzia dell’Onu per i rifugiati. Nel tweet si indicano le due costanti dello sbarco avvenuto nel corso di due giorni: “1. Il sorriso che accoglie, sia del nostro team che di tutti gli altri operatori impegnati in turni diurni e notturni; 2. I corpi esili, i volti emaciati. Frutto di una sofferenza prolungata e ingiusta”.
“Tantissimi casi di scabbia, donne denutrite, molte persone disidratate. Non è un quadro clinico idilliaco ma neanche drammatico”. Lo afferma Khosrow Mansour Sohani, il medico dell’hotspot di Pozzallo che ha visitato i migranti appena arrivati. Sohani è un medico di origini egiziane, da anni in Italia, si è laureato in Medicina a Catania e ha sposato una farmarcista di Vittoria. Ha lavorato tutta la notte per visitare i migranti scesi a singhiozzo dalle due navi: “Non c’è stato un attimo di pausa ma abbiamo affrontato bene l’emergenza”.
L’appello alla Cei
Intanto ieri un gruppo di operatori del mondo cattolico (docenti universitari, parroci, capi scout: sono 110 al momento), ha firmato un appello alla Cei contro “una sempre più dilagante cultura del rifiuto, paura degli stranieri, razzismo, xenofobia; cultura avallata e diffusa persino da rappresentanti di istituzioni”. “Sono diversi – scrivono i promotori – a pensare che sia possibile essere cristiani e, al tempo stesso, rifiutare o maltrattare gli immigrati”: per cui un intervento dei vescovi, “in sintonia con il magistero di papa Francesco”, “potrebbe dissipare i dubbi e a chiarire da che parte il cristiano deve essere, sempre e comunque”.
La Repubblica