Sergey Brin, cofondatore di Google con Larry Page e presidente di Alphabet, non vede più tutto rosa sul futuro del web e mette in guardia dai rischi dell’Intelligenza Artificiale. Lo scrive in una lettera annuale agli azionisti, che il Financial Times descrive come “insolitamente sobria” e preoccupata. Brin scrive che la rivoluzione nell’AI e in altri sviluppo tecnologici portando con sè “nuovi problemi e nuove responsabilità” e invita tutti all'”umiltà”. Inoltre cita l’introduzione del romanzo di Charles Dickens “Storia delle Due città”, molto noto in Gran Bretagna e negli Usa, dove è stato a lungo il romanzo più venduto dopo la Bibbia “E’ stato il migliore dei tempi, è stato il peggiore dei tempi” così Brin, parafrasando Dickens, descrive l’epoca attuale, la quale, sostiene, richiede “grandi stimoli” e anche un'”enorme riflessione e responsabilità”.
“Le società tecnologiche – scrive Brin – sono state storicamente lungimiranti e idealiste riguardo alle opportunità create dalle loro innovazioni”, che “hanno creato opportunità e migliorato drasticamente la qualità della vita di miliardi di persone”. “Tuttavia – aggiunge – ci sono questioni molto legittime e pertinenti che vengono sollevate, in tutto il mondo, sulle implicazioni e gli impatti di questi progressi”. “La nuova primavera dell’intelligenza artificiale è lo sviluppo più significativo dell’informatica a cui ho potuto assistere nel corso della mia vita”, “Siamo davvero in una fase di rinascita della tecnologia, un momento emozionante in cui possiamo vedere le applicazioni in quasi ogni segmento della società moderna”.
Tuttavia ci sono anche dei rischi: “Come influenzeranno l’occupazione nei diversi settori? Come possiamo capire cosa stanno facendo sotto il cofano? Che dire delle misure di equità? Come si possono manipolare le persone? Sono al sicuro?”. “Anche se sono ottimista riguardo al potenziale per indirizzare la tecnologia sui più grandi problemi del mondo conclude Brin – siamo su una strada che dobbiamo percorrere con responsabilità, attenzione e umiltà profonde”.
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