Colonnine quasi sempre vuote e gli automobilisti non sanno quando scattano le multe. L’avvertimento ai sindaci: “Non sono previste dalle leggi e possono essere pericolose”
La spiegazione ufficiale è sempre la tanto sbandierata prevenzione. Ma la verità, a ben vedere, è un po’ diversa. E anche stavolta nasconde il solito tentativo dei Comuni italiani di ingrassare le casse con le multe. Il metodo è quello dei finti autovelox: gli automobilisti non hanno il tempo di rendersene conto, ma ai lati di moltissime strade spuntano strani e colorati dispositivi. Totem di forma diversa che a prima vista assomigliano tanto ai classici misuratori di velocità. In realtà, c’è un inganno: la colonnina piazzata dai vigili urbani è una specie di spaventapasseri. All’interno, infatti, l’autovelox non c’è quasi mai e anche chi non rispetta i limiti non rischia la multa. All’apparenza è tutto regolare: c’è il cartello che segnala il misuratore e la colonnina colorata è ben visibile. Ma c’è un dettaglio: «Questi totem non sono omologati. Anzi – specificano dal dipartimento Trasporti del ministero delle Infrastrutture – non potranno mai essere omologati. Per una ragione semplice: non sono previsti dal Codice della strada».
Questo, comunque, non vuol dire che siano illegali ed è proprio questo l’inghippo che consente ai vigili urbani di tanti comuni di piazzare i finti autovelox lungo le strade. Della serie: non sono autorizzati, ma neppure vietati. «Le colonnine di questo genere possono essere utilizzate per il controllo della velocità a precise condizioni – spiega Domenico Protospataro, vicequestore della polizia stradale – All’interno deve essere piazzato un dispositivo che sia stato omologato e accanto al totem deve essere presente una pattuglia. In modo che ogni automobilista possa rendersi conto del fatto che è in corso un controllo. Non solo: è necessario essere sicuri che il contenitore non alteri la funzionalità del vero autovelox».
Questo, insomma, è il grande equivoco: a rigor di legge, le colonnine svolgono, né più né meno, la stessa funzione di un cartello stradale che invita a ridurre la velocità. Con una differenza non secondaria: «Queste segnalazioni non rientrano tra quelle previste dalla legge – ribadiscono al Ministero delle Infrastrutture – Per questo motivo già più volte ne abbiamo sconsigliato l’utilizzo». Le note ufficiali del ministero sono due: la prima risale al 2014, in risposta a una richiesta di chiarimenti del sindaco di Torino, l’ultima è di febbraio scorso. Ma ai Comuni italiani continuano a piacere. E la spiegazione ufficiale, quella che danno tutti i sindaci, è sempre uguale: «L’obiettivo è indurre gli automobilisti a ridurre la velocità. D’altronde il totem risulta ben segnalato». Ma c’è il rovescio della medaglia: la segnalazione costante di un sistema di controllo che funziona solo di rado rischia di sortire l’effetto contrario. E cioè che nessuno si renda conto quando è attivo per davvero.
Questa, dunque, sembra la perfetta contraddizione a tutto ciò che impone la famosa «Direttiva Minniti» sui controlli della velocità lungo le strade italiane. Il cuore della disposizione, d’altronde, era abbastanza chiaro: gli accertamenti devono essere svolti in modo che gli automobilisti siano informati. E non è un caso che a pagina 17 della direttiva si parli proprio dei finti autovelox: «La maggior parte delle postazioni è normalmente vuota. Ma affinché il sistema sia mantenuto credibile nella percezione degli utenti, e che resti inalterata nel tempo la sua efficacia deterrente, è necessario che le colonnine vengano utilizzate con sistematicità». Tradotto: piazzare i totem è consentito solo se vengono utilizzati per davvero e costantemente. Gli inganni nelle strade non sono consentiti. Ma il ministero della Infrastrutture ha a cuore anche un altro problema: «Le colonnine – si legge nelle note – rischiano di provocare pericoli alla circolazione».