Il redesign della piattaforma è parte integrante della strategia per far dimenticare le polemiche del passato
Sono tempi duri per i colossi tecnologici. Non solo per i noti scandali in cui si è trovato invischiato Facebook o per le grosse difficoltà di Tesla, ma soprattutto perché sta cambiando il clima attorno a tutte queste società, fino a poco fa considerate un ideale positivo di innovazione. Non sembra un caso, quindi, che il “cattivo” per definizione della Silicon Valley – Uber, il gigante del ride-sharing travolto da un numero tale di polemiche da costringere alle dimissioni il fondatore Travis Kalanick – abbia deciso di lanciare proprio in questi giorni la nuova app dei driver, completamente rivista per prendere ulteriormente in considerazione le richieste degli autisti. “I driver sono il cuore del nostro servizio ma, lungo il cammino, lo abbiamo perso di vista”, scrive il CEO Dara Khosrowshahi. “Ci siamo concentrati troppo sulla nostra crescita e non abbastanza sulle persone che l’hanno resa possibile. Abbiamo sempre definito gli autisti nostri ‘partner’ ma non sempre li abbiamo trattati come tali”. E così, dopo aver introdotto la possibilità di ricevere una mancia o di essere pagati per i tempi d’attesa troppo lunghi (parte della “strategia dei 180 giorni ” lanciata a giugno), oggi Uber presenta altre novità, ideate “raccogliendo le necessità degli autisti e modellando la nuova versione della loro app attorno a queste specifiche esigenze”. Tra le principali funzioni introdotte nella piattaforma, ancora in fase beta, c’è il tracker dei guadagni, che consente ai conducenti di avere sempre sott’occhio i loro obiettivi giornalieri, e una barra che fornisce aggiornamenti sulle opportunità di effettuare corse nelle vicinanze, anche in base alle condizioni di mercato. Inoltre, ogni autista avrà un profilo che gli darà l’opportunità di presentarsi ai clienti e “trovare nuovi modi per connettersi”. La decisione di Uber di provare a fare pace con i suoi autisti – celebre il litigio in macchina tra il fondatore della piattaforma e un driver che lo stava accompagnando a una festa – arriva anche in previsione di una possibile quotazione in borsa nel 2019; tutto ciò mentre la competizione di Lyft (e non solo) si sta facendo più serrata e le auto autonome di Uber stanno andando incontro a grossi problemi. Inoltre, resta sempre aperto il capitolo più importante: ha senso considerare gli autisti di Uber – che quasi sempre svolgono questo lavoro a tempo pieno – come dei freelance? Come ha ammesso anche il nuovo CEO del servizio di ride-sharing: “La nuova app per autisti è solo l’inizio”.
di Andrea Daniele Signorelli, La Stampa