Il sistema Spid dovrebbe permettere ai cittadini di usare tutti i servizi delle amministrazioni uniche con una sola chiave d’accesso. Entro marzo 2018 le amministrazioni si sarebbero dovute attrezzare, ma sono solo 4-5mila su un totale di 10mila
Identità digitale per tutti i cittadini, per usare tutti i servizi della pubblica amministrazione con una password unica entro marzo 2018: obiettivo fallito. Come spesso capita con le norme italiane – soprattutto quelle che riguardano la PA – il progetto va comunque avanti e avrà chance di rivalsa in futuro. Ma resta che l’Italia – ossia il Governo – ha mancato il target di legge. Entro marzo 2018 tutte le PA che offrono servizi su internet avrebbero dovuto attrezzarsi per concedere ai cittadini un accesso anche tramite Spid (Sistema pubblico identità digitale). Dal primo aprile quindi – come prescriveva l’obiettivo, o per meglio dire l’utopia iscritta nel decreto della presidenza del Consiglio del 24 ottobre 2014 – doveva essere facilitato l’uso dei servizi della PA via internet. Una password unica invece che una diversa per ciascuna PA. Spid, nell’intento del legislatore, doveva anche essere un volano per l’arrivo di servizi online della PA, quelli utili per evitare di andare a fare la coda allo sportello.
Ad oggi, invece, i dati ufficiali, fermi a dicembre, parlano di 3.866 PA attive (con 4.371 servizi): meno della metà di quelle dell’obiettivo, 10 mila (tutte quelle italiane escluse Asl e scuole). Ma del resto la legge non prevede sanzioni per le inadempienti. Per altro le PA tendono a mettere solo uno o due servizi su Spid, altroché tutti.
C’è da dire, di contro, che molte delle principali amministrazioni (Regioni, Inps, Inail, Agenzia delle Entrate, maggiori Comuni) sono in qualche modo attive. “Le Pa su Spid sono 4-5 mila ora”, fanno sapere fonti della presidenza del Consiglio che si occupano di Spid. Non solo: sono troppo poche anche le identità digitale erogate ai cittadini: 2,3 milioni (dati di marzo), a 24 mesi esatti dal lancio di Spid. Si consideri che la ministra alla PA Marianna Madia dichiarava di poter raggiungere quota 3 milioni già a dicembre 2016. “Dobbiamo rilevare che quest’anno la crescita degli utenti è rallentata, conseguenza dei pochi servizi disponibili”, aggiunge Valeria Portale, responsabile per questi temi presso gli osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.
“Il boom dell’anno scorso è dovuto al fatto che bisognava avere Spid per riscuotere il bonus di 500 euro riservato dal Governo ai 18enni e ai docenti”, dice Portale. Non a caso hanno 18 anni ben 620 mila utenti Spid italiani. “Allettare i cittadini con un vantaggio economico serve a poco nel lungo periodo, se poi non è riconosciuto il valore e la comodità dello strumento”, aggiunge.
A questo proposito, ad oggi l’identità digitale è utilizzabile per accedere ai servizi Inps, Inail e poi, in alcuni casi, per fare pagamenti online (Equitalia, Comune di Roma, Regione Lombardia ed Emilia Romagna); per accedere ad alcuni servizi sanitari (prenotazioni, ritiro referti, cambio medico curante) in Piemonte, Trentino Alto Adige, Emilia-Romagna, Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Puglia, Basilicata, Lazio.
“Ci sono già tanti servizi su Spid, ma mancano soprattutto quelli più usati dai cittadini: dei Comuni, delle Asl; e di aziende private, come le banche”, dicono dal Team Digitale, responsabile dell’Agenda Digitale presso la presidenza del Consiglio (al fianco dell’Agenzia per l’Italia Digitale). “Stiamo lavorando per l’arrivo dei servizi di e-banking”. La prima azienda privata con servizi Spid però sarà, a breve, Lottomatica, per i tabaccai. Per il decollo dei servizi della PA, ci sono lavori in corso per convertire, a Spid, le identità pubbliche pregresse (la carta nazionale dei servizi nelle Regioni). Queste in futuro saranno abolite (Bolzano ha appena fatto, per primo, questo passo). Alcune amministrazioni (come Regione Toscana) si sono inoltre prese il compito di aiutare a passare a Spid tutte le PA a loro subordinate. Ha pesato appunto il fatto che all’inizio le amministrazioni sono state poco assistite in questo passaggio; “fino a sei mesi fa, non avevano strumenti tecnici per un’adozione facile di Spid”, dicono dal Team Digitale. Continuano a non esserci fondi dedicati alle PA per fare Spid (le legge prescrive che sia a costo zero). “Ma le PA dovranno adeguarsi anche per rispettare nuove regole europee in fatto di privacy, come il Gdpr, e di identità digitale, Eidas. Altrimenti rischiano sanzioni”, dicono dal Team. Ci si può consolare anche pensando che le altre esperienze europee analoghe alla nostra (Francia e Regno Unito) non stanno andando meglio.
“Stiamo lavorando e ottenendo risultati perché Spid attecchisca davvero in Italia, attraverso passi graduali e la collaborazione di tanti soggetti. Solo così potremo portare un cambio culturale profondo nelle amministrazioni, nei cittadini”, dicono dall’Agenzia per l’Italia Digitale. “Ed è questa la condizione perché Spid faccia la differenza, per l’innovazione dell’Italia; mentre non ci sarebbe stato un vero valore dal semplice moltiplicarsi degli utenti e delle PA attive”. Insomma: obiettivo di legge fallito, ma l’identità digitale potrà dare il suo meglio nei prossimi mesi.
Alessandro Longo, Repubblica.it