“Rinuncio all’indennità da presidente della Camera. L’epoca dei privilegi è finita“. Così la dichiarazione del neo presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico. Il fatto è che non c’è nessun privilegio. Il presidente della Camera riceve un’indennità, aggiuntiva a quella di deputato, in virtù della carica che ricopre e, se è superiore a quella del semplice deputato, è perché ha un lavoro più rilevante e complesso, così come un direttore d’orchestra è pagato di più rispetto al semplice musicista. Se il presidente Fico vuole rinunciare a un’indennità aggiuntiva, è scelta encomiabile, che nulla ha a che vedere con i privilegi. Il gesto ha dei precedenti. Prima di Fico, Antonio Tajani (Forza Italia), attuale presidente del Parlamento europeo, ha rinunciato all’indennità di carica di mezzo milione di euro della Commissione europea, e ha tagliato del 20% le spese del Parlamento europeo. La stessa cosa fece Mario Monti, che rinuncio all’indennità di Presidente del Consiglio, con la motivazione: quando si chiede un sacrificio agli italiani, dobbiamo dare l’esempio. “Dobbiamo tagliare i costi della politica e razionalizzare i costi della Camera”, aggiunge il presidente Fico. Ben venga la razionalizzazione delle spese, ma i costi della “politica” interna alla Camera quali sarebbero? I finanziamenti ai gruppi parlamentari dei quali anche quello del M5S usufruisce? Vorremmo ricordare al presidente Fico che, nella sua veste, rappresenta l’intera Camera dei Deputati e non la sua parte politica, e l’intera Nazione, cioè 60 milioni di italiani, e non la sua parte politica, così come indica la Costituzione. Posizioni di parte non sono compatibili con la carica che ricopre, salvo che non voglia dimettersi. Occorre ricordarlo.