Manovra a tenaglia di Ocse e Consiglio Ecofin contro ogni residua possibilità di nascondere il proprio patrimonio o i propri redditi agli occhi del fisco. A distanza di pochi giorni, infatti, entrambi gli organismi sovranazionali sono intervenuti per introdurre stringenti obblighi di trasparenza in capo a professionisti ed entità finanziarie al fine di rendere praticamente impossibile camuffare materia imponibile con operazioni di tax planning aggressivo. Ma andiamo con ordine.
Il 9 marzo L’Ocse ha pubblicato i modelli per la trasmissione obbligatoria alle autorità tributarie delle informazioni relative ad accordi o strutture idonei a occultare l’identità effettiva del titolare di veicoli societari, entità giuridiche o trust. Sono tenuti a rispettare queste indicazioni tutti i soggetti residenti nei circa 100 paesi (tra i quali anche l’Italia) che hanno già sottoscritto gli accordi Beps (base erosion and profit shifting). Un altro centinaio di paesi si aggiungerà nel giro di pochi mesi. I nuovi obblighi impongono ad avvocati, commercialisti e istituzioni finanziarie l’obbligo di identificare i propri clienti e di comunicare alle autorità fiscali del proprio paese eventuali situazioni sospette. Se il professionista è coperto dal segreto professionale, ecco che l’obbligo di disclosure, cioè di segnalazione, ricade sull’utente finale, cioè sul proprietario del bene o dell’azienda. Ma il professionista è tenuto a informarlo per iscritto, del nuovo obbligo introdotto dall’Ocse. Il messaggio non poteva essere più chiaro. E’ come se, chi avesse seppellito il classico forziere pieno di dobloni, fosse tenuto a pubblicare la mappa del tesoro sul Corriere della sera…
A soli 4 giorni di distanza dall’approvazione delle regole Ocse, il consiglio Ecofin ha approvato, il 13 marzo ’18 una proposta di direttiva che definisce una serie di indicatori in presenza dei quali si palesa un rischio di evasione. Entro 30 giorni dal rilevamento di uno di questi rilevatori (in un contratto, in investimento finanziario o una riorganizzazione societaria), scatterà l’obbligo di segnalare al fisco domestico la pratica. La comunicazione dovrà essere effettuata entro 30 giorni, decorrenti dal momento in cui la consulenza è perfezionata oppure da quando questa si concretizza, a seconda di quale delle due circostanze si verifichi prima. Trattandosi di un sistema varato a livello Ue, non possono essere chiamati ad adempiere gli intermediari basati al di fuori dei confini comunitari, ma in questi casi si prevede che obblighi e sanzioni possano essere scaricati sui contribuenti stessi. Per evitare che queste nuove regole di trasparenza restino lettera morta, l’Ecofin ha chiesto che gli stati, nel recepire i contenuti della direttiva, sanzionino in modo adeguato i professionisti e le istituzioni finanziarie che non si adeguano. Anche se poi riconosce che il rischio reputazionale potrebbe costituire una dissuasione perfino più pesante rispetto al rischio di pagare multe anche elevate. Le nuove norme, che si possono considerare come il tentativo di recepire a livello europeo le regole Ocse, entreranno in vigore nel 2020 ma dovranno essere recepite dagli stati europei entro il 2019.
Tra gli indicatori che faranno scattare l’obbligo di segnalazione si possono citare, a mero titolo di esempio: l’impiego di strutture societarie o altre entità di diritto extra-Ue non coperti dallo scambio di informazioni; l’utilizzo di conti, prodotti o investimenti che sono stati ideati appositamente per sfuggire allo scambio di informazioni; il trasferimento di beni immateriali il cui valore è di difficile valutazione; l’impiego di scatole vuote societarie che effettuano transazioni circolari tra loro stesse; l’acquisto di società in perdita (c.d. “bare fiscali”); il trasferimento del patrimonio o di strutture societarie in paesi che non scambiano informazioni con lo stato di residenza dello stesso e così via.
Di fatto si rende impossibile il tax planning societario aggressivo, o perlomeno improbabile.
Marino Longoni, ItaliaOggi