Molte le possibilità per il Quirinale se non emergesse una maggioranza chiara
Governo tecnico, di scopo, di minoranza, del presidente. Sono molte le formule e le sfumature che vengono citate, anche dai protagonisti politici, nel caso in cui le urne dovessero consegnare un Parlamento senza una chiara maggioranza. Se, dunque, nessuno avesse conquistato i seggi necessari a governare da solo, diverse sarebbero le vie percorribili per il Capo dello Stato Sergio Mattarella.
Dopo la prima seduta di Camera e Senato il 23 marzo e l’elezione dei presidenti (una prima cartina di tornasole per capire le possibili alleanze) un elemento indicativo sarà quello della formazione dei gruppi (entro il 25 marzo). I capigruppo e i leader saranno poi chiamati alle consultazioni, insieme all’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano e ai nuovi presidenti delle Camere. Dopo le consultazioni, qualora emergesse una difficoltà a dare vita ad una maggioranza stabile, il presidente della Repubblica potrebbe scegliere di dare a un esploratore (ad esempio uno dei presidenti delle Camere) il compito di lavorare per facilitare l’emergere di una soluzione di governo. Lo stesso ‘esploratore’ potrebbe ricevere in un secondo momento l’incarico di formare un governo. Una seconda ipotesi è quella in cui sia lo stesso presidente a scendere in campo in questo ruolo di mediazione per un governo del Presidente. E’ ciò che avvenne per Napolitano con il governo di Enrico Letta. Un governo che era anche delle large intese, sostenuto (fino alla ricomposizione di Forza Italia) da forze politiche storicamente in contrasto tra di loro: Pd, Pdl, Sc e Udc. Le larghe intese per ora, almeno sulla carta, escluse da tutti, si potrebbero realizzare nel caso di una intesa per un governo Pd–Fi, M5s–Lega–Fdi o ancora Pd-M5s-LeU. Altra ipotesi, forse più complessa, è quella alla quale sembrerebbe alludere il Movimento Cinquestelle quando si dice pronto a un confronto a partire dal giorno dopo le elezioni, quella cioé di un governo di minoranza, con le alleanze (variabili) che vengono trovate provvedimento per provvedimento. Questo tipo di governo, frequente nei Paesi nordici ma anche in Spagna, è secondo diversi costituzionalisti complicato dall’obbligatorietà, che non c’è in tutti i Paesi, del passaggio della fiducia in Parlamento dopo la nomina del capo del governo. Oltre allo scioglimento diretto delle Camere, c’è l’ipotesi, poi, molto citata in questi giorni, di un governo di scopo con l’obiettivo della modifica della legge elettorale. Altra formula possibile è quella del governo tecnico, come avvenne nel caso del governo Monti, ovvero dell’incarico a una personalità esterna. Il capo dello Stato, una volta terminate le consultazioni, potrà inoltre scegliere se dare un pre-incarico a qualcuno, come avvenne nel caso di Pier Luigi Bersani, per verificare la possibilità di formare un governo ma prima dell’incarico vero e proprio. Oppure un incarico pieno che consente all’incaricato di presentare la lista dei ministri e poi provare a ottenere la fiducia.
ANSA