La città canadese dovrebbe diventare il primo laboratorio di Sidewalk, il progetto di Alphabet per le smart city. Ma i dubbi pratici e politici sono ancora tanti.
Google ha trovato in Toronto il suo laboratorio in cui sperimentare la città del futuro. Alphabet, l’azienda ombrello sotto cui ricadono tutte le operazioni di Big G, ha una divisione speciale dedicata alle smart city: Sidewalk. L’abbiamo già sentita qualche tempo fa, quando aveva sostituito le cabine telefoniche di New York con dei totem che danno connessione ai dispositivi mobili e, grazie a un display, permettono di navigare lungo la strada. L’esperimento aveva sollevato diversi dubbi circa la privacy, molti lasciavano in bella vista sui display immagini pornografiche o violente, ma ora Sidewalk è pronta per il suo primo vero progetto.
Come zona delle operazioni è stato scelto Quayside, il lungolago di Toronto, una striscia di città che si affaccia sull’Ontario che nessuno finora è riuscito a sviluppare. L’obiettivo dichiarato è trasformare questa zona depressa in un quartiere all’avanguardia, connesso, attento all’ambiente e dal prezzo abbordabile. La popolazione di Toronto è cresciuta del 4,5 per cento tra il 2011 e il 2016, trovare appartamenti in affitto è difficilissimo e ovviamente i prezzi delle case sono volati verso l’alto. La ricetta di Big G prevede la costruzione di edifici modulari che potrebbero cambiare destinazione d’uso durante la giornata; canali sotterranei in cui i robot si occupano di gestire la spazzatura e spazi esterni progettati per ridurre al minimo gli impatti del maltempo che vessa la città durante gran parte dell’anno con temperature che l’inverno difficilmente salgono sopra lo zero. Sensori e telecamere permetterebbero di gestire il traffico umano e veicolare mentre le unità abitative dovrebbero partire da 15 metri quadrati per tenere i prezzi contenuti e attirare artisti, creativi e startup, tutti riuniti in un quartiere che, nella visione dell’azienda, dovrebbe incentivare l’innovazione.
Se sulla carta sembra la città del futuro, in realtà un articolo sul The Atlantic solleva molti dubbi. Prima di tutto il progetto prevede lo stanziamento di 50 milioni di dollari per un anno ma, alla fine di questo periodo di prova, sia Sidewalk che l’ente preposto alla gestione della zona, Waterfront, possono tirarsi indietro. Andando oltre, il pezzo fa notare come Sidewalk abbia presentato un progetto incredibilmente dettagliato a legislatori e cittadini salvo poi annunciare che questi piani erano solo delle linee guida che potrebbero anche essere escluse dal risultato finale. Ha poi ottenuto che l’accordo con la città di Toronto fosse segretato. L’autrice del dettagliatissimo articolo, Molly Sauter, si chiede come sia possibile per delle famiglie vivere in 15 metri quadrati ma soprattutto si focalizza sulle startup. Dopo aver goduto di canoni agevolati in Canada, si chiede, chi potrebbe fermare il trasferimento di quelle che hanno avuto successo in Silicon Valley? Da ultimo la città del futuro richiederebbe modifiche consistenti alle ordinanze e ai regolamenti urbani, che sarebbero sostituiti da sistemi tecnologici di controllo in tempo reale. Un esempio è la collocazione in aree residenziali di piccole imprese artigiane quali botteghe di falegnameria oppure i permessi per far circolare veicoli a guida autonoma. Insomma, c’è una sorta di guerra in corso sul futuro delle città. Non riguarda solo Toronto ma le zone urbane di tutto il mondo e si concentra soprattutto sui processi decisionali. Mentre la politica vede l’amministrazione cittadina in mano alla burocrazia, le aziende tecnologiche vorrebbero snellire il processo e prendere loro in mano le decisioni, magari tramite algoritmi capaci di gestire le città. Difficile dire ora chi vincerà e il Quayside è solo il primo passo, ammesso che andrà in porto.
ilCorriere