«Un antidepressivo naturale, privo di effetti collaterali». Così una donna malata grave ha definito l’attore e regista Carlo Verdone, e a questa definizione il protagonista del cinema italiano ha voluto rifarsi in occasione della cerimonia inaugurale del convegno della Società italiana di psicopatologia (Sopsi) a Roma.
«Ho accolto l’invito con piacere perché alla fine il mio lavoro in qualche modo potrebbe avere qualche parallelismo, piccolo parallelismo, con quello che svolgono psicoanalisti e psichiatri – ha affermato l’artista -. Il comune denominatore tra il mio lavoro e il vostro è che entrambi studiamo l’animo umano. Voi lo rimettere a posto, io lo devo rappresentare attraverso tic e difetti e far ridere la gente, non soffermandomi ovviamente su patologie importanti». «Non ho più l’ansia e questo per me in parte è un problema», ha ironizzato. «Non ho più paura neppure dell’aereo. L’ansia era una specie di adrenalina in più, incanalata bene è un turbo nella vita. Si soffriva da una parte, ma era qualcosa di importante se immagazzinata in modo giusto», ha proseguito, spiegando come per lui un punto di svolta sia stato il film ‘Maledetto il giorno che ti ho incontrato‘. Un film che racconta molto di me, molto autobiografico«. Verdone ha raccontato anche di aver sofferto di attacchi di panico, legati pure al successo, evidenziando che per chi soffre di ansia, incertezze, fragilità è importante parlarne e farlo non rappresenta una debolezza. Infine, sul tema del suo intervento, raccontare l’anima a colori e in bianco e nero, il regista e protagonista di “Bianco, Rosso e Verdone” ha concluso: «L’Italia in bianco e nero degli anni Cinquanta, del dopoguerra, aveva le persone con l’anima più colorata e questo periodo che invece ha i colori è in bianco e nero».
Il Messaggero