Nella Capitanata, dove si coltiva il 30% dell’oro rosso destinato alla trasformazione, l’acqua è la metà rispetto a un anno fa. E gli agricoltori potrebbero saltare un anno di produzione
Al confine tra Puglia e Molise c’è una diga strategica per l’agricoltura italiana. Nel Mezzogiorno, ma non solo, gli occhi di molti sono puntati verso il cielo e sull’invaso di Occhito sul Fortore. Che rispetto a un anno fa contiene meno della metà dell’acqua. La siccità di questo inverno potrebbe avere ripercussioni gravi sull’agricoltura della Capitanata, nella provincia di Foggia. In particolare per la coltivazione del pomodoro da industria.
Perché questa provincia è così importante per il settore agricolo del nostro Paese? Lo spiegano i numeri: da qui arriva la quasi totalità dei pomodori pelati in vendita in Italia e nel mondo e il 30% dei pomodori italiani da industria, segue da Piacenza con il 15,7% (dati 2017 del centro studi di Confagricoltura). Dal campo fino al confezionamento finale si stima che l’indotto dell’oro rosso, solo nel sud Italia, ammonti a circa un miliardo di euro. In caso di annata storta le ricadute occupazionali sarebbero tutt’altro che trascurabili.
“La maggior parte degli agricoltori sta ordinando i semi, ma nessuno è così sprovveduto da portarli al vivaio perché una volta pronte, le piantine hanno bisogno di acqua. E se l’acqua non c’è, si perdono molti soldi” spiega Marco Nicastro, presidente dell’azienda Op Mediterraneo, che fa parte di Confagricoltura. “Siamo tutti in attesa: se la situazione cambierà, allora correremo ai vivai per cominciare la stagione”.
È lo stesso Consorzio di bonifica della Capitanata, che gestisce la diga di Occhito, a mettere tutti in guardia.
In un comunicato il consorzio ha spiegato che se la situazione rimarrà immutata “non potrà essere garantita né la dotazione complessiva né la durata consueta della stagione irrigua”, invitando tutti a tenere “in debito conto la situazione di carenza idrica e […] i possibili scenari in ordine alla programmazione degli investimenti colturali”. Tradotto: mettere in serra centinaia di migliaia di piante potrebbe essere una scommessa ad alto rischio.
Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav, l’associazione di Confindustria che rappresenta i maggiori conservieri italiani, sembra però ottimista: “L’attenzione è molto alta, stiamo monitorando la diga ogni giorno, ma non dimentichiamo che l’anno scorso ci fu un problema di siccità al nord Italia, e nonostante ciò il raccolto di pomodoro fu persino superiore rispetto all’anno precedente”. Un altro industriale del settore vede il bicchiere mezzo pieno: Francesco Franzese, Ceo di Fiammante, industria conserviera del Salernitano che non aderisce ad Anicav: “Nel bacino di Occhito confluisce anche l’acqua di scioglimento dei ghiacciai appenninici. Nelle prossime settimane le cose potrebbero anche migliorare”.
Nel peggiore dei casi lo scenario è poco rassicurante: “Avremo meno piante in campo, meno pomodori. Le aziende che possono contare sui pozzi venderanno a un prezzo maggiore. Gli altri non pianteranno neanche”. Già, perché in questo caso un’offerta ridotta (con domanda invariata) non comporterà prezzi più alti. I contratti di filiera tra agricoltori e trasformatori prevedono, nella maggior parte dei casi, prezzi bloccati. Che si producano dieci o mille quintali, insomma, le aziende agricole venderanno comunque al prezzo concordato mesi o anni fa. Prezzo che al sud si aggira intorno agli 8 centesimi al chilo.
“Il problema ce l’hanno i produttori. Se le cose restano così, quelli che fanno affidamento sulla diga per irrigare avranno un mancato reddito. E non sono previste compensazioni” spiega l’imprenditore agricolo Nicastro.
Cosa cambierà per i consumatori? Poco o niente: i pomodori pelati continueranno a presenziare gli scaffali della grande distribuzione e il prezzo non cambierà. “I magazzini dei conservifici sono ancora pieni di merce -continua Franzese – perché veniamo da due anni di super-produzione dal nord Italia, che oltretutto ha abbassato il prezzo del pomodoro fresco, mettendo in difficoltà gli agricoltori del Sud”. Il pomodoro trasformato invenduto è talmente tanto, continua l’imprenditore, “che si potrebbe reggere anche un calo della produzione del 30/35% in questo 2018”.
Federico Formica, Repubblica.it