Fastweb ha denunciato all’Antitrust Open Fiber, la società controllata da Enel e Cassa depositi che sta creando la principale rete fissa alternativa a quella di Tim. L’accusa è di rallentare le attivazioni di clienti in fibra a Milano. Ecco tutti i numeri della fibra al centro dello scontro nel mercato
Approda all’Antitrust lo scontro sulle nuove reti banda ultra larga, in fibra ottica. Fastweb ha infatti denunciato Open Fiber, la società controllata da Enel e Cassa depositi che sta creando la principale rete fissa alternativa a quella di Tim.
Nell’esposto Antitrust si legge che Fastweb ha dovuto frenare le proprie attività di vendita della fibra su Milano ai clienti, perché Open Fiber non riuscirebbe a soddisfare le richieste. Open Fiber è gestore della rete su cui vanno le offerte di Fastweb a Milano (come di altri operatori alternativi a Tim).
Fastweb – si legge – vorrebbe attivare 2.500 clienti a settimana, ma Open Fiber si ferma a 900. Ne deriverebbero danni sia a Fastweb sia ai clienti, costretti ad attendere la fibra per mesi dopo averla richiesta.
“A fronte delle doglianze manifestate dalla scrivente, Open Fiber ha replicato sostenendo di non avere a disposizione forza lavoro da incrementare da mettere sul territorio”, si legge nell’esposto; motivazione che Fastweb sostiene non veritiera.
Denunciati anche “gravissimi disservizi” sui clienti, imputabili a “negligenze” di Open Fiber; di qui la richiesta all’Antitrust di intervenire per ripristinare una “corretta concorrenza”.
Da Open Fiber fanno sapere che l’esposto non gli è stato ancora notificato (segno che l’Antitrust non ha avviato ancora un procedimento) e che il tutto è da ricondurre a “normali dialettiche commerciali tra i due soggetti”.
La questione è rilevante perché, partendo dalla città più importante, investe per la prima volta l’Antitrust del compito di indagare su un dossier strategico per l’Italia. Ossia sulla capacità di operare con efficienza da parte del soggetto che vuole costruire la prima grande rete nazionale alternativa a quella di Tim. Forte di un piano che si avvale tra l’altro di 2,6 miliardi di euro di fondi pubblici (per l’aggiudicazione di bandi del Governo).
L’obiettivo del piano industriale Open Fiber è giudicato “sfidante” da molti analisti di settore. Prevede di mettere la fibra ottica in 9,6 milioni di unità immobiliari entro il 2022. Ora sono a quota 2 milioni quelle dove in effetti la fibra è vendibile (dicono dalla società). In 2,5 milioni di case la fibra ci arriva vicino (manca l’ultimo tratto, il più complicato: quello nelle case degli utenti, che richiede lavori ulteriori).
Open Fiber è nata formalmente a dicembre 2015, «ma abbiamo cominciato i lavori a settembre-ottobre 2016 e siamo andati a regime a gennaio 2017», spiegano dall’azienda. Bisogna considerare che sono partiti con una eredità di 1,1 milioni di case già coperte da Metroweb (che hanno comprato). A regime quindi hanno messo la fibra (vendibile) in 900 mila case circa in un anno.
Numeri alla mano: per centrare l’obiettivo, da qui al 2022, devono coprire effettivamente 1,4 milioni di case all’anno. Da Open Fiber dicono che sarà possibile dato che il personale impiegato tra sei mesi triplicherà, rispetto a quello del 2017; tanto che nei prossimi anni non ci sarà più una discrepanza tra case coperte “sulla carta” e quelle dove in effetti è comprabile la fibra. «Siamo appena nati, dopo tutto», ribadiscono. A marzo, fanno sapere, avranno un nuovo piano industriale (a seguito del recente cambio di amministratore delegato), con nuovi obiettivi di copertura intermedi (fino al 2022).
Per un confronto: da Tim fanno sapere di coprire 1,8 milioni di case (dati settembre 2017, però) con fibra nelle case. Comprese quelle coperte da tecnologia banda ultra larga Vdsl2 (fibra che arriva fino alla strada) sono 18 milioni di case (la vendibilità reale è su 15 milioni).
Alessandro Longo, Repubblica.it