I giudici amministrativi respingono il ricorso degli operatori. E’ legittima la delibera del Garante per le Comunicazioni (di marzo 2017) che considera virtuosa la sola fatturazione solare. Sospensione cautelare (fino a ottobre) per il meccanismo di restituzione dei soldi ai clienti
Sconfitta per le società dei telefoni sul fronte della bolletta ogni 28 giorni. I giudici del Tar del Lazio hanno respinto il ricorso dell’Asstel e delle singole società dei telefoni (Tim, Vodafone, WindTre, Fastweb, Eolo) contro la delibera 121 del Garante per le Comunicazioni (l’AgCom). E’ la delibera del 24 marzo del 2017 che ha indicato nella fatturazione mensile il modello virtuoso cui le società della telefonia avrebbero dovuto uniformarsi, a partire già da giugno del 2017.
Sulla base di questa delibera 121, il Garante ha inflitto a Tim, Vodafone, WindTre e Fastweb una sanzione da un milione 160 mila euro. Questo più avanti, a dicembre del 2017. Ma il Tar del Lazio, con un distinto provvedimento, con un’ordinanza, dà anche un dispiacere ai consumatori: sospende il meccanismo di rimborso ai clienti (previsto sempre dalla delibera del Garante di dicembre del 2017).
I clienti dovevano essere indennizzati nella prima bolletta corretta, nella prima fattura che resusciterà la cadenza mensile. La restituzione doveva essere commisurata alle giornate che i clienti hanno pagato in più, per colpa della fatturazione ogni 28 giorni, da una data precisa: il 23 giugno 2017.
Ora i giudici del Tar mettono questo meccanismo nel congelatore. Lo sospendono “in via cautelare” perché le società dei telefoni rischiano di farsi carico di un esborso multimilionario. Più avanti, quando esaminerà la vicenda nel merito, il Tar dirà se la restituzione dei soldi deve esserci oppure no. La sospensione vale fino al 31 ottobre 2018.
Confermata invece la legittimità delle sanzioni per Tim, Vodafone, WindTre e Fastweb.
Nel ricorso al Tar contro la delibera di marzo del 2017, le società della telefonia hanno sostenuto innanzitutto che l’obbligo di trasparenza verso i loro clienti sarebbe stato onorato perché i consumatori sono stati informati di quanto pagano ogni 4 o 8 settimane e di quanto avrebbero pagato se questi aumenti fossero stati spalmati sul mese con il vecchio sistema di fatturazione.
Inoltre, secondo le aziende, l’articolo 70 comma 4 del Codice delle Comunicazioni stabilisce come una società può cambiare i suoi prezzi e questo articolo sarebbe stato rispettato dal nuovo sistema di fatturazione a 4 oppure a 8 settimane.
Secondo le società poi, la delibera dell’Autorità di marzo (con l’ordine di tornare alla vecchia fatturazione mensile) violerebbe la libertà d’impresa e trasformerebbe i prezzi (liberi per definizione) in tariffe regolamentate dall’alto, cioè dall’Autorità.
Argomenti, questi, che il Tar del Lazio non ha considerato fondati.
Aldo Fontanarosa, Repubblica.it