Ma passeggeri, addetti ai lavori e compagnie con i migliori standard di sicurezza insorgono: troppi comandi da tenere d’occhio, sarebbe uno stress eccessivo e non si riuscirebbero a gestire le emergenze
Volereste come passeggeri su un jet di linea affidato a un solo pilota e non a due? La domanda sembra assurda, eppure apprendiamo dal Guardian che i principali costruttori di aerei civili stanno studiando una riprogettazione dei loro modelli presenti e futuri in questo senso. Cioè con una cabina di pilotaggio non piú com’è adesso per due piloti, comandante e secondo, e poi posti per l’equipaggio di secondo turno o di ricambio nei voli intercontinentali. No, con una cabina dove un pilota solo fa tutto: porta il jet in aria, lo controlla durante tutto il volo, guida l’atterraggio. In questo modo, ecco il senso della proposta dei produttori, le compagnie aeree potrebbero risparmiare miliardi dovendo pagare stipendi per un pilota ogni volo anziché per minimo due. Ma proprio dalle organizzazioni dei piloti e dalle compagnie aeree più serie vengono in risposta dure obiezioni all’offerta.
Per due motivi: primo, ci vorrebbero decenni per convincere gli utenti, i passeggeri, insomma chiunque scelga di viaggiare volando per affari o vacanze o altro. Secondo e certo non meno importante, piloti e compagnie si affiancano alle associazioni di difesa dei diritti dei passeggeri con un’altra osservazione. E cioè la constatazione che anche a bordo di un jet piccolo-medio, un aereo da corto o medio raggio come ad esempio il Boeing 737 nelle sue numerose versioni, la serie A 319/320/321 di Airbus o i bireattori brasiliani Embraer, il “cruscotto” digitale ha talmente tante funzioni da essere troppo complesso per potersi sentire assolutamente sicuri se ci deve lavorare un pilota solo.
Studi e progetti per ripensare le cabine di pilotaggio sono già in stadio avanzato. E i costruttori di grandi aerei plurimotori pensano di offrire la cabina per un pilota solo dapprima per i voli cargo, cioè trasporto merci. Un container o un pallet non può ovviamente aver paura come un passeggero, se solo un uomo ai comandi anziché due come oggi ha in mano il suo destino.
“Tecnicamente è possibile, ma al prezzo di ignorare il fattore umano”, fa notare al Guardian Kevin Shum, direttore generale dell’aviazione civile a Singapore, uno dei paesi più avanzati anche in fatto di voli di linea. E ricorda che associazioni di piloti Usa hanno preso l’iniziativa di testare cosa significa pilotare da soli anche un “semplice” 737: carico di lavoro e stress inaccettabile, troppo pericoloso. Senza pensare a fattori imprevedibili, come un improvviso malore dell’ipotizzato unico pilota, o a sindromi depressive come quelle che spinsero il pilota di Germanwings a chiudersi in cabina quando il comandante era andato un attimo in toilette, per suicidarsi schiantando l’Airbus pieno di passeggeri sulle montagne del sud della Francia.
Certo, è indubbio che a qualcuno ai vertici di alcune compagnie aeree l’idea di risparmiare dimezzando il numero di piloti piace. Anni fa fu attribuita dai media a Ryanair l’idea che un pilota basterebbe per un aereo della classe del 737, ma non accadde poi nulla in questo senso. L’osservazione piú ovvia, scherzo macabro, di associazioni di piloti e passeggeri, è che se un unico pilota è ai comandi e si sente male le hostess devono correre in cabina chiedendo ai passeggeri non “c´è un medico a bordo?” bensí “c´è un pilota a bordo?”.
Nei casi estremi poi, dicono fonti della Qantas – la compagnia di bandiera australiana, ai vertici mondiali delle statistiche di sicurezza, più piloti sono a bordo meglio è. Gli australiani sanno quello che dicono. Quando uno dei loro Airbus 380, l’aereo passeggeri piú grande del mondo, dovette affrontare una procedura d’atterraggio d’emergenza perché una delle quattro enormi, potentissime turboventole aveva preso fuoco, i piloti “aussie” riuscirono ad atterrare e a salvare tutti non solo per la loro esperienza, con spesso alle spalle addestramento e servizio nella temuta Royal Australian Air Force. Bensí anche perché a bordo di quel 380 col motore improvvisamente in fiamme al fianco del comandante, un veterano superesperto e bravissimo, insomma un top gun del volo civile, c’erano altri quattro piloti. “Alla Qantas non ci pensiamo nemmeno a ridurre il numero di piloti”, dicono, e hanno ragione.
Andrea Tarquini, Repubblica.it