Secondo posto dietro la russa Evgenia Medvedeva nel corto dell’individuale femminile. “Ho dovuto lottare per arrivare alla mia quarta olimpiade”
Pyeongchang– Carolina Kostner trascina l’Italia nella finale del Team Event, la gara a squadre del pattinaggio artistico alla seconda apparizione alle Olimpiadi. Il secondo posto dietro la russa Evgenia Medvedeva nel corto dell’individuale femminile, abbinato al quarto di Cappellini-Lanotte (danza), il quinto di Matteo Rizzo (individuale uomini) e il settimo di Della Monica-Guarise (coppie) ha permesso all’Italia di essere tra le cinque squadre che si contenderanno le medaglie stanotte, a partire dalle 3 del mattino. Una sfida durissima, contro Canada, OAR (Russia), Stati Uniti e Giappone. Ma intanto due obiettivi sono stati raggiunti: la qualificazione, e la consapevolezza che Carolina è pronta per la sua quarta Olimpiade.
Carolina, in Corea ha rotto il ghiaccio?
“Mi sono sentita bene dal primo momento che ho messo i pattini. Sento talmente tanta gratitudine e gioia per essere qui, avere la possibilità di dare il meglio di me, condividere l’amore che provo per questo sport con tutto il mondo”.
Si sente diversa al quarto esordio in un’Olimpiade?
“E’ una fase della vita diversa, per me. Le emozioni cambiano sempre, lo stato d’animo pure. Quel che ti aiuta è l’esperienza di conoscere come funziona l’Olimpiade, il villaggio, la mensa, la condivisione con la squadra. Incrociare atleti di sport diversi. Per il resto è una gara, che prepari col cuore aperto pronta a dare il meglio di te. È la sola cosa che posso fare”.
Strano gareggiare la mattina?
“Sono tanti anni che mi alleno presto, sono mattiniera“.
Alla seconda Olimpiadi, il Team Event comincia a diventare una gara importante?
“Non c’è più l’effetto novità, ci stiamo abituando, come avvenne con lo snowboard ai Giochi“.
Che sensazione è gareggiare per un team, invece che andare sul ghiaccio da sola?
“Faccio parte di una squadra eccezionale, siamo diventati molto amici in questi anni. Ce lo meritiamo proprio di essere qui, è un onore rappresentare il mio paese”. Due-tre anni fa (ai tempi della squalifica per il caso Schwazer, ndr) pensava di poter arrivare a un’altra Olimpiade?
“Non l’ho dato mai per scontato. Ho dovuto lottare“.
Quanta soddisfazione ora?
“C’è tantissima gioia. Non tanto per aver battuto avversarie come la canadese Osmond, ma per avere buone sensazioni nel ritmo, nei salti. Fare magari una prima combinazione non ottimale, ma sentire la tranquillità di dirsi: ‘Vabbe’, io intanto giro poi quando atterro gestisco questa situazione‘. L’ironia di dirsi: ‘Non era perfetto, però siamo ancora qui …'”.
A proposito di avversarie, quante bambine in gara contro di lei che ora sta vivendo i suoi trentuno anni.
“Quello che nessuna sa, è che anch’io sono ancora una bambina“.
La Repubblica