Ottimo non basta. Non ai genitori di un ragazzino che all’esame di terza media, sostenuto nel 2014 alla scuola “Giovanni Verga” di Canicattì nell’Agrigentino, aveva avuto un giudizio finale da 9, che i prof delle medie traducono appunto in «ottimo». No, per mamma e papà il loro bambino, certo indiscutibilmente bravo, era da 10, era «eccellente». E dunque, quando hanno visto i risultati affissi in bacheca, invece di andare a chiedere conto e ragione ai prof troppo avari di giudizi e voti, sono andati da un avvocato e con lui hanno depositato al Tar di Palermo un ricorso per l’annullamento del verbale dei giudizi, nella convinzione che i giudici amministrativi avrebbero potuto ciò che i docenti non avevano voluto.
Ma ieri il Tar si è espresso e ha detto no: 9 è il voto giusto e, anzi, tocca a mamma e papà pagare i mille euro delle spese di giudizio. «Come noto – scrivono in sentenza il presidente Calogero Ferlisi e i consiglieri Aurora Lento e Roberto Valenti – la scuola, nel valutare la preparazione degli alunni, non applica scienze esatte che conducono a un risultato certo e univoco, come si verifica ad esempio nei casi di accertamento dell’altezza di un determinato candidato o del grado alcolico di una determinata sostanza, ma formula un giudizio tecnico connotato da un fisiologico margine di opinabilità, per sconfessare il quale non è sufficiente evidenziare la mera non condivisibilità del giudizio, dovendosi piuttosto dimostrare la sua palese inattendibilità».
Quasi profeticamente, proprio ieri a Roma il presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno, all’inaugurazione dell’anno giudiziario amministrativo, aveva sottolineato la «difficoltà di accettare la decisione dell’autorità» che «trova ulteriore espressione nei ricorsi con cui talvolta i genitori contestano la bocciatura dei propri figli a scuola». La bocciatura, appunto; e d’altronde lo stesso Tar Sicilia solo qualche mese fa si era dovuto occupare del ricorso, poi respinto, dei familiari di una ragazzina di scuola media che contestavano la bocciatura. Ma in questo caso il ricorso riguardava addirittura il voto e, per arrivare alla sentenza, i giudici amministrativi palermitani hanno dovuto motivare, calcolatrice alla mano e buon senso in testa: «Lo studente era stato ammesso con il voto di 9/10 e aveva conseguito i seguenti punteggi – scrivono i giudici -: 10/10 nella prova d’italiano; 10/10 nella prova di matematica; 8/10 nella prova di francese; 8/10 nella prova d’inglese; 9/10 nel colloquio pluridisciplinare. Il voto finale di 9/10 si presenta, pertanto, coerente con quelli di ammissione e con quelli conseguiti nelle prove d’esame, tanto più che il voto di 10/10 presuppone il raggiungimento dell’eccellenza in tutte le prove. Dunque 9 basta.
Fabio Albanese, La Stampa