Da libreria online a colosso della spesa, dell’entertainment, della moda via selfie (un metodo per avere la taglia di tutti i suoi consumatori) e, da martedì, della sanità, grazie all’accordo annunciato con Jp Morgan Chase e Berkshire Hathaway (si legga Warren Buffet) per «l’assistenza complementare dei propri dipendenti e di tutti gli americani».
Il gigante dell’e-commerce fondato da Jeff Bezos, che presenta oggi i risultati del quarto trimestre, scala il podio dei marchi a maggior valore economico al mondo. È primo nella classifica Global 500 di Brand Finance dominata dal digitale, valutato 150,8 miliardi di dollari (121 mld di euro) con un incremento anno su anno del 42%. Ma non entra nella top ten dei brand più influenti guidata da Disney, dove Ferrari tiene alta la bandiera tricolore, al terzo posto.
Secondo lo studio della società inglese, che stima il valore economico di ogni marchio attraverso il calcolo ipotetico delle royalty, quindi l’asset intangibile, Amazon scalza con il suo sorriso che entra nelle case sia Apple sia Google. La mela ereditata da Tim Cook ha difeso il secondo posto a 146,3 miliardi di dollari (117,8 mld di euro) rispetto al forte calo del 2016. Paga però un «futuro non roseo» a detta di Brand Finance, da un lato per essersi affidata a mono prodotti cari (gli smartphone), dall’altro per l’avanzata di competitor come Huawei. Il motore di ricerca è sceso invece dalla prima alla terza posizione, valutato 120,9 miliardi di dollari (97,3 mld di euro) nonostante i suoi annunci abbiano generato più traffico (i click a pagamento sono cresciuti del 47% nel terzo trimestre), aumentando i ricavi.
«Google è un campione quando si tratta di servizi relativi alla ricerca su Internet, al cloud e alla tecnologia dei sistemi operativi mobili», spiega il rapporto «ma come Apple, l’attenzione a determinati settori lo sta trattenendo dallo scatenare il reale potenziale. Gli investimenti e l’acquisizione del team di smartphone Htc può indicare un nuovo approccio». D’altro canto Amazon piace sia ai consumatori, per il brand associato a intrattenimento e convenienza, sia agli analisti per essere letteralmente senza confini.
«Jeff Bezos una volta ha detto che i marchi sono più importanti online di quanto nel mondo fisico», racconta a ItaliaOggi David Haigh, ceo di Brand Finance, «e ha visto giusto anche scegliendo il nome del fiume più grande e potente del mondo, che a 23 anni dalla creazione del marchio è ancora inarrestabile. La forza e il valore del brand gli conferiscono il potere di estendersi sempre in nuovi settori e aree geografiche».
La top 500, che sarà presentata oggi, è dominata ai primi dieci posti dal digitale e dalla bandiera degli Stati Uniti, ad eccezione della coreana Samsung, che è quarta, seguita da Facebook, che cresce a valore più di Amazon (+45%). Vengono poi l’operatore di tlc Usa AT&T, Microsoft, Verizon e Walmart. Un’azienda, quest’ultima, ancora «old economy» nonostante lo shopping di diverse piattaforme online. Chiude la top 10 il più grande istituto bancario dell’ex Celeste Impero, Icbc Industrial and commercial bank of China.
Tra i brand italiani primeggiano a valore Eni (8,5 miliardi al cambio euro), Tim valutata 6,9 miliardi di euro come Enel che è però la prima in termini di forza fra tutte le utility nel mondo.
Seguono Gucci (6,8 miliardi di euro a valore) tra le più influenti griffe della moda nel mondo, poi Ferrari (5,2 mld a valore), Gruppo Generali (5,1 mld di euro), Gruppo Intesa Sanpaolo, brand valutato 4,1 miliardi di euro, infine Poste Italiane (3,8 miliardi di euro) e Prada (3 miliardi di euro) ma una forza nel mondo pari a quella di Gucci.
«L’incremento del valore economico del 25% dei primi 9 marchi italiani in classifica e i brand tricolori «estremamente forti» passati da 4 a 6 sono indicatori di un salto evolutivo delle società italiane», sottolinea Massimo Pizzo managing director di Brand Finance nella Penisola. «Oggi non è più sufficiente che le aziende siano efficienti e realizzino prodotti di buona qualità: per aumentare fatturato e margine, nel mercato globale, è necessario presentarsi anche con un brand in grado di orientare le scelte dei clienti spesso più attratti dall’immagine che dal rapporto qualità prezzo non è sempre valutabile».
Nello studio Brand Finance il parametro che pesa nella classifica delle sigle più influenti è indicato come Bsi, ovvero Brand strength index, l’indice di forza dei marchi che tiene conto di diverse voci: gli investimenti diretti o indiretti e la brand image, quindi il ritorno in immagine e in business basato sui margini e sul fatturato.
La top ten vede Disney leader dei marchi più forti al mondo con un Bsi a quota 92,3, un punto in più rispetto al 2017. Secondo la società inglese di rilevazioni è altresì «uno dei più interessanti da tenere d’occhio nei prossimi anni». Nella scalata di Disney al podio influiscono infatti la recente offerta di acquisizione della gran parte degli asset di 21st Century Fox: tali sono Star India, che raggiunge centinaia di milioni di spettatori nel subcontinente; Sky, con presenza in tutto il Regno Unito, Irlanda, Germania, Austria e Italia, oltre a una partecipazione del 60% in Hulu uno dei maggiori concorrenti di Netflix.
Il secondo marchio più forte al mondo per Brand finance è il sistema di pagamenti Visa, mentre torna sul podio, al terzo gradino, il Cavallino della Ferrari che guidava classifica nel 2014 prima di essere spodestato da Lego l’anno successivo. Il marchio di automotive di lusso del gruppo Fca continua ad essere uno dei brand più forti al mondo e ha guadagnato una posizione rispetto al 2017. Seguono, nella top ten dei marchi capaci di influenzare i consumatori Neutrogena, Facebook, i mattoncini Lego, Google, Pwc, Johnson’s e Microsoft.
Francesca Sottilaro, ItaliaOggi