“Ok. Stiamo al gioco. Diciamo così: se Paolo le ha davvero detto che lui è come la camomilla, allora le dico che io assomiglio di più alla Red Bull. Ci sono dei momenti in cui serve la camomilla e dei momenti in cui serve la Red Bull. Forse anche per questa diversità Gentiloni e io non litigheremo mai. Viva le camomille e viva anche le Red Bull”. Così Matteo Renzi, segretario del Pd, in una lunga intervista rilasciata al Foglio sulle prossime elezioni. “Chiuse le liste, assorbite le polemiche, metabolizzate le ferite, la campagna elettorale di Matteo Renzi comincia a prendere forma e i messaggi su cui il segretario del Pd intende puntare nei prossimi mesi, per provare a vincere le elezioni, sono principalmente tre”, scrive il direttore del quotidiano, Claudio Cerasa: “il match point contro il Movimento 5 Stelle, l’alternativa al modello Salvini, l’Europa come vero spartiacque tra chi tenta di costruire il futuro dell’Italia puntando sull’idea dell’apertura e chi invece scommette sul modello della chiusura. Di là, dice Renzi in questa conversazione con il Foglio, ci sono i Salvini e i Di Maio. Di qua invece c’è il Pd, unica alternativa, sostiene Renzi, al modello Le Pen. Nel colloquio Renzi afferma che “quando Marine Le Pen ha ammesso che tra i cinque stelle e la Lega esiste una simmetria culturale ha detto una cosa importante e intelligente, che spesso sfugge a molti commentatori. Oggi, in queste elezioni, il vero crinale è tra la società aperta e il protezionismo, tra chi sogna gli Stati Uniti d’Europa e chi sogna le Regioni Divise della Padania, tra chi scommette sul rigore della scienza e chi punta sulla conoscenza un tanto al chilo sulla rete. La sfida vera, per capirci, è tra chi può continuare a far crescere l’Italia e tra chi vuole fermare questo cammino. E il paladino di questa Italia che si vuole fermare credo sia senza dubbio Matteo Salvini”. Renzi mette in evidenza come “in Italia stiamo assistendo a un tentativo di fusione a freddo tra popolari e populisti. Un centrodestra come quello che c’è in Italia, e i cui principali attori la pensano in modo diverso su tutto, dall’Euro all’Europa, dai vaccini al lavoro, non esiste in nessun grande paese dell’Unione Europea”. Renzi considera Salvini il politico “più distante da me in questa campagna elettorale. Io provo a scommettere sull’Europa per costruire un sogno. Lui scommette sull’Europa solo per evocare l’incubo della paura”. Il segretario del Pd ritiene che “in molti collegi un voto a Forza Italia” sia “un voto che va alla Lega di Salvini. Così come se mi è consentito anche un voto che va al partito di D’Alema, che nei collegi uninominali non ha alcuna speranza di eleggere parlamentari, è un voto regalato al centrodestra di Salvini. E un voto che va a Salvini è un voto che va a un partito guidato da un leader che, per capirci, sostiene il no all’obbligatorietà dei vaccini, che si presenta alle elezioni con il volto di chi vuole fare pulizia in Italia quando invece non è riuscito a fare pulizia neppure nel proprio partito e che ha un’idea d’Europa quantomeno curiosa: un anti europeista che diventa europeista ogni ventisette del mese solo per incassare lo stipendio da europarlamentare e che negli altri giorni del mese invece non tocca palla su nessun dossier. Pensare di mettere i dazi in un paese come l’Italia che vive anche di export significa non sapere neppure come funziona il nostro paese e significa non rendersi conto che un dazio è la misura più anti italiana che possa esistere. Le aziende del Nord Est crescono perché sono straordinarie realtà globali: se crei un mercato chiuso le uccidi”. Sul M5s il pensiero di Renzi è netto: “Sono d’accordo con Gentiloni quando dice che il Movimento 5 stelle non ha possibilità di arrivare al governo del paese, a meno che dopo le elezioni non faccia accordi con qualcuno, che poi per me significa fare l’accordo con la Lega. Ma allo stesso tempo non dobbiamo dimenticare che il 4 marzo l’Italia avrà una grande occasione: giocare il suo match point per sconfiggere in modo definitivo il M5s. Se il Movimento, che da mesi dichiara di essere il primo partito non otterrà la prima posizione assisteremo a uno scontro selvaggio dentro quell’esperienza. Perché se sarà il primo partito probabilmente non governerà non riuscendo a creare una coalizione. Ma se addirittura sarà secondo dopo il Pd, che oggi è distanziato di meno di due punti nei sondaggi, e quindi è lì, a un passo il dato politico sarà definitivo. Lo dico con la consapevolezza di chi riconosce che il cinque stelle è un’esperienza straordinariamente intrigante della nostra vita politica, come lo può essere un partito in fondo nato dal nulla, ma lo dico forte di una convinzione chiara: il partito guidato da Di Maio è governato da una somma di contraddizioni, non di idee, e a mio avviso è inevitabilmente destinato ad esplodere, se non vince”.
Giampiero Di Santo, ItaliaOggi