Vent’anni fa apriva a Londra per rinascere nel 2016 «Pharmacy», il primo concept-bar firmato Damien Hirst che, tra sgabelli a pillola e drink, voleva giocare sull’idea della salute in chiave lifestyle. Oggi, complici le liberalizzazioni in Italia e in Cina, la vera farmacia del futuro per i professionisti del medical affianca più brand alle medicine, unisce consulenza e tecnologia per assecondare un cliente sempre più informato.
Emblema dell’evoluzione è Walgreens Boots Alliance (sue, fra gli altri, le insegne Walgreens, Alliance-Helthcare, Boots. Duane Reade), oltre 13 mila punti vendita e 25 paesi serviti, che sta studiando nuovi format, dagli Usa alla Corea, e da ultimo in Cina dopo un accordo per rilevare il 40% del network di farmacie GouDa.
Punti imprescindibili della strategia: adattarsi alle economie locali, a partire dalla distribuzione di farmaci e portare marchi iconici per la bellezza, insegnando al consumatore a prendersi cura di sé. «Siamo chiamati a immaginare quello che ancora non c’è», spiega a ItaliaOggi Ornella Barra, co-chief operating officer di Walgreens Boots Alliance. «Lo scorso anno, in seguito alla partnership con Emart, abbiamo aperto i primi otto negozi in franchising Boots in Corea del Sud, incluso un magnifico monomarca da tre piani a Seoul. Mentre in Cina è esplosa la classe media e grazie alle riforme del governo la farmacia sta assumendo un ruolo importante per la distribuzione dei medicinali un tempo ad appannaggio degli ospedali». Come è il target cinese? «Siamo di fronte a clienti attenti alla cura e al benessere, interessati a prodotti di fascia premium. Non solo, la propensione alla tecnologia li rende una delle categoria di consumatori più dinamiche e curiose al mondo, oltre che più informati ed esigenti».
Tutto, nella filosofia Walgreens comincia dalla consulenza al paziente-cliente: «Crediamo di poter aiutare le persone a prendersi cura di sé in modo efficace a seconda delle esigenze su salute e benessere, partendo dalle abitudini vecchie e nuove», spiega Barra. «Per perseguire gli obiettivi si conta sulle risorse impareggiabili di cui disponiamo: brand iconici (tra gli altri N°7, Soap & Glory, Liz Earle, Sleek MakeUP e Botanics, ndr), conoscenza dei mercati e una piattaforma logistica globale che asseconda le identità locali». Così il gruppo, 118 miliardi di dollari di fatturato (96,2 mld di euro), diventa «una farmacia di comunità pienamente accessibile a cui rivolgersi» e unisce drugstore e insegne all’italiana, avendo più di un’anima tricolore (è guidato dal ceo Stefano Pessina). «Il nostro obiettivo è essere la prima scelta nel campo della farmacia, del benessere e della cura per la bellezza», sottolinea Barra.
Il direttore generale, che ha iniziato la sua carriera a Chiavari (Genova) come farmacista, crede molto anche nell’evoluzione del modello italiano dove a livello retail Walgreens opera attraverso il network Alphega: «La figura centrale resta il farmacista, ma c’è una crescente curiosità di entrare a contatto con brand ed esperienze internazionali che parlino una “lingua locale”. La recente liberalizzazione ha aperto opportunità sia per noi operatori sia per i farmacisti».
Non mancano le novità di prodotto. Se la linea di creme N°7 e Soap & Glory, brand marcatamente inglesi, sono entrati negli store Walgreens negli Stati Uniti, nei mesi scorsi il gruppo ha creato nuovi marchi nel Regno Unito: la linea dermatologica YourGoodSkin e un nuovo brand di make up chiamato Cyo (Create your own, tradotto fatelo da soli) rivolto ai consumatori millennial.
Sono allo studio monomarca nell’ambito «di un progetto di sviluppo globale», conclude Barra. Mentre per quanto riguarda l’Italia «le considerazioni sui brand rientrano nella valutazione delle opportunità aperte dalla liberalizzazione in corso».
Francesca Sottilaro, ItaliaOggi