L’elezione di Jorge Mario Bergoglio sarebbe potuta avvenire con almeno quattro anni di anticipo, se il destino o la Provvidenza, vista in chiave cattolica, non avesse portato i cardinali a preferire Joseph Ratzinger subito dopo morte di Giovanni Paolo II nell’aprile del 2009. Come ricostruisce Il Fatto quotidiano, tenendo l’analisi più aderente alle dinamiche terrene, se Bergoglio è diventato papa solo nel 2015 è dovuto ad almeno un paio di motivi principali.
Il primo motivo è di squisita natura elettorale. Nel Conclave del 2013 è stato determinante il voto dei “grandi elettori”, più indirizzati su Benedetto XVI per affidare i propri interessi e ambizioni di carriera. Tra i più determinati a sostenere Ratzinger c’era il gruppo del cardinale Tarcisio Bertone, prevalentemente salesiani provenienti dal Piemonte e della Liguria. Ottenuta la vittoria tra i porporati, i “grandi elettori” hanno potuto occupare i posti chiave in Vaticano, dando vita a una delle più aspre spartizioni del potere degli ultimi tempi nella Chiesa, aumentando in modo smisurato la pressione sulle spalle del papa, crollato poi con le dimissioni epocali nel 2013. Il secondo motivo che ha ritardato l’elezione di Bergoglio viene ricondotto alla formazione e al carattere del gesuita argentino. Agli amici più vicini e a chi già spingeva il suo nome come pontefice nel 2009, lui rispondeva con una battuta a dir poco inquietante: “Se vengo a Roma, muoio”. Parole che qualche anno dopo non hanno comunque influenzato i cardinali non europei. Quando il ciellino Angelo Scola è stato sconfitto nel Conclave del 2013, la linea che prevale è quella a sostegno del papa argentino che dovrebbe ripulire i vertici del Vaticano dalle “vipere” che lo infestano.
Libero