Gli aumenti per i 270mila dipendenti delle amministrazioni centrali potrebbero arrivare già nella busta paga di febbraio. Ma mancano ancora due passaggi: l’ok della Corte dei Conti e della Ragioneria, che dovrà poi di rendere disponibili i soldi. Gli incrementi vanno dai 370 ai 712 euro a seconda delle qualifiche
Gli statali avranno il nuovo contratto. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all’intesa del 23 dicembre tra i sindacati e l’Aran, l’agenzia che tratta per conto della ministra della Pa, Marianna Madia. Ma il via libero operativo arriverà solo dopo l’ok della Corte dei Conti. I 270mila dipendenti statali dovrebbero dunque trovarsi in busta paga anche gli arretrati, che sono modulati in base alla qualifica. Dai 370euro della fascia più bassa ai 712 della più alta (la media è di 492euro).
Se nel passaggio alla Corte dei Conti non ci saranno intoppi, l’una tantum potrebbe arrivare in busta paga già a febbraio. Lo scatto contrattuale di 85euro medi partirebbe invece da marzo. Gli arretrati sono dovuti al fatto che il rinnovo del contratto va a coprire tutto il triennio 2016-2018. Un ristoro di quanto spetta per le mensilità ormai andate che parte, appunto, dai 370 euro delle fascia retributiva più bassa per arrivare ai 712 di quella più alta.
Dopo la tappa di oggi in Consiglio dei ministri, la delibera del parere positivo del governo, l’Aran girerà il contratto alla Corte dei Conti, a cui spetta la certificazione di compatibilità dei costi. Entro quindici giorni dovrebbe arrivare l’ok che permetterebbe alla parti (Aran e sindacati) di darsi di nuovo appuntamento per la sottoscrizione definitiva. Dal giorno dopo, il contratto sarà efficace.
Una lunga trafila tecnica che però non finisce qui. Sarà la Ragioneria a preparare i cedolini e infine caricare i soldi sulle buste paga. Ovviamente la macchina già si è mossa, ma la messa in pagamento di solito avviene ai primi del mese (per giungere nelle tasche dei lavoratori alla fine). I tempi sono quindi molto stretti. Fin qui quel che riguarda i circa 270 mila statali ‘puri’, ovvero i dipendenti della pubblica amministrazione centrale (ministeri, agenzie fiscali e parastato). Gli altri tre comparti in cui si divide il pubblico impiego sono invece in piena trattativa.
La Repubblica