Il gip ha scarcerato quattro ragazzi arrestati nell’ambito dell’operazione «Cumps». Anche se coperti da passamontagna per la polizia erano identificabili in «base ai caratteri antropometrici». Il giudice: dubbi sulla stessa esistenza del reato
Una foto postata su Facebook che ritraeva quattro figure armate di tutto punto, è stata considerata da polizia e magistrati di Reggio Calabria, un indizio grave per portare in carcere quattro giovani di Melito Porto Salvo, accusati di associazione mafiosa. La foto incriminata, però, era solo una pubblicità della fiction televisiva Romanzo criminale e nulla aveva a che fare con i quattro ragazzi arrestati.
Il giudice delle indagini preliminari ha infatti scarcerato Paolo Abenavoli, Alessio Falcomatà, Francesco Patea e Vincenzo Toscano arrestati il 7 novembre scorso, su ordine del gip Foti, insieme ad altre 46 persone nell’ambito dell’inchiesta denominata «Cumps». Un termine dialettale calabrese, che significa compari, coniato proprio per dimostrare la scalata delle nuove leve della ‘ndrangheta, figli di boss da anni in carcere. Secondo l’accusa i giovani utilizzavano Facebook e i social network per farsi conoscere e far valere la loro voce. La polizia navigando sui loro profili si è soffermata su una foto ed ha subito immaginato che quella raffigurante 4 persone postata da uno degli arrestati corrispondesse ai volti delle persone indagate. In realtà la foto di Romanzo criminale, in rete dal 2005, postata da uno degli arrestati, era stata estrapolata da Google per un scopo emulativo. Una vanità che è costata 26 giorni di carcere. Gli inquirenti e i magistrati, hanno creduto, invece, che quella foto postata sui social potesse identificarsi con i ragazzi indagati.
I poliziotti hanno effettuato il riconoscimento della foto nonostante in quell’immagine le figure avessero il volto travisato da passamontagna. E avevano scritto che il riconoscimento è avvenuto tenendo presente «i diversi caratteri antropometrici che li caratterizzavano». La foto è parte integrante dell’ordinanza di richiesta di arresto ed è stata inserita a pagina 1247. Nel provvedimento di scarcerazione il gip ha accolto la richiesta del pubblico ministero che, allegando una nota proveniente dalla Questura, evidenzia che «emergono seri dubbi sull’identificazione degli indagati e sulla stessa sussistenza del reato per cui sono stati arrestati». Solo dopo 25 giorni è stato possibile quindi sanare il grossolano errore giudiziario.
Carlo Macrì, Corriere della Sera