Saranno considerati anche i cali della speranza di vita. I sindacati: le distanze restano
Restano molte distanze tra governo e sindacati impegnati in questi giorni in un confronto molto serrato sul dossier-pensioni. Ieri dai tecnici di Palazzo Chigi è arrivata una apertura sulla possibilità di modificare i meccanismi per calcolare la speranza di vita a cui legare l’adeguamento dell’età, ma i sindacati giudicano ancora insufficienti queste risposte, tanto più che l’esecutivo tiene il punto sui mestieri che potrebbero essere esentati dall’aumento a 67 anni previsto per il 2019. Sono 15 in tutto (gli 11 già previsti dall’Ape social più siderurgici, agricoli, marittimi e pescatori) e nonostante le pressioni di Cgil, Cisl e Uil non c’è alcuna intenzione di ampliare questa platea. Né di modificare i criteri di accesso (36 anni di contributi con 6 anni di occupazione gravosa negli ultimi 7) che i sindacati giudicano eccessivamente restrittivi.
Il nuovo meccanismo
«Anche oggi sono stati introdotti importanti elementi di novità» ha spiegato da Milano il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, convinto che il confronto in corso sia assolutamente «positivo». Il governo, ancora ieri, si è detto «aperto ad ascoltare» le proposte dei sindacati e a «verificarle» in vista della stretta finale di lunedì prossimo. Intanto ieri il consigliere economico di Palazzo Chigi Marco Leonardi ha spiegato come potrebbe cambiare dal 2021 il calcolo sulle aspettative di vita passando a considerare non più i dati di un triennio ma utilizzando le variazioni biennali rilevate dall’Istat.
E soprattutto, accettando la richiesta dei sindacati di tener conto anche degli eventuali cali della speranza di vita cosa che oggi la legge non prevede. La soluzione individuata però non convince i sindacati, dal momento che non si tradurrebbe mai in una riduzione dell’età della pensione ma solamente in uno stop dello scatto di età. In pratica dal 2021 l’aspettativa di vita verrebbe calcolata considerando la media del biennio 2018-2019 confrontata coi due anni precedenti. In caso di aumento della vita media l’incremento dell’età della pensione verrebbe applicato a partire dal 2021-2022, mentre in caso di risultato negativo questo non darebbe luogo ad una riduzione della soglia d’età ma verrebbe invece «scalato» nella verifica relativa al biennio successivo (2023-2024). Oltre a questo il governo ha proposto la parificazione del trattamento fiscale della previdenza complementare dei dipendenti pubblici ed un meccanismo di silenzio assenso per i nuovi assunti in modo da portare le adesioni dall’attuale 4 al 20%.
Sindacati scontenti
«Abbiamo verificato che le distanze restano – ha commentato al termine dell’incontro di eri il segretario confederale Uil, Domenico Proietti -. Al momento il pacchetto è limitato, non basta». I sindacati, infatti, non solo chiedono un intervento sulla platea più ampio di quello proposto, ma anche di prorogare al 2019 l’Ape social e di renderlo effettivamente esigibile anche introducendo modifiche normative con la possibilità di usare le risorse che i 300 milioni di euro che non sono state utilizzati quest’anno dal momento che il 70% delle richieste è stato respinto. «Vogliamo cose esigibili e non finte – ha dichiarato Gigi Petteni della Cisl -. Un’intesa è possibile, se veniamo ascoltati». Il responso finale lunedì: alle 9 un nuovo round del tavolo tecnico e a seguire il vertice conclusivo con Gentiloni ed i leader di Cgil, Cisl e Uil.
Paolo Baroni, La Stampa