Il Rosatellum sa di tappo. Mario Sechi. Newslist.it «Assumo il mandato per una Catalogna indipendente e repubblicana, ma non siamo golpisti e ora è l’ora del dialogo». Come si dice supercazzola in catalano? Antonio Satta. MF. La metà più uno di coloro che gridano «lasciami fi nire» nei talk-show non sanno come concludere il discorso. Dino Basili. UffaNews. Sono vecchia, è un fatto. Le leggi della natura comprendono la decadenza. Ma il punto è come frani. Franca Valeri, attrice (Antonio Gnoli). la Repubblica. Un buon ascoltatore di solito sta pensando a qualcos’altro. Kin Hubbard. La polizia giudiziaria dovrebbe intervenire, arrestandoli. Tutti i parlamentari infatti sono abusivi da tre anni e mezzo. Da quando cioè lo ha sancito la Corte costituzionale. Antonio Pappalardo, ex generale dei Carabinieri oggi alla guida del Movimento Liberazione Italia. Un Giorno da pecora. Radio1 Rai. Non la prendo troppo alla lontana ma credo che un po’ di storia vada ricostruita. Penso alla prima separazione del partito socialista dopo la fondazione quando cacciarono il riformista Bonomi, alla scissione comunista, alla scissione tra i massimalisti e i socialisti di Matteotti. Con il filo conduttore di una difficoltà di fondo: l’impossibilità di concepire il partito come una casa in cui convivono molte anime nella cornice di un obiettivo comune. Prima di Occhetto il Psi subì la scissione del Psiup… Emanuele Macaluso. (Alessandra Longo). Repubblica. Se un partito di sinistra, oggi, in un Paese occidentale, rispolvera l’anti-fascismo, vuol dire che d’ora in poi, se la legge dovesse essere approvata, saranno punibili (da 6 mesi a 2 anni di carcere) persino il saluto romano, la vendita e la diffusione di immagini e gadget reminiscenti del passato regime; il tutto con pene aumentate se il canale di diffusione è internet. Eppure il Pd dovrebbe sapere che le norme proposte sono a palese rischio di incostituzionalità, in quanto in contrasto con l’articolo 21 della Costituzione: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritte ogni altro mezzo di diffusione». Soprattutto dovrebbe sapere che, sul punto, la Corte costituzionale si è già espressa ripetutamente in passato, chiarendo che la possibilità di perseguire la manifestazione del pensiero e la propaganda di matrice fascista vige solo se sussiste un pericolo concreto per le istituzioni democratiche. Un orientamento che, peraltro, non è solo della suprema corte italiana ma anche della giurisprudenza tedesca riguardo al passato nazista. Luca Ricolfi. il Messaggero. Cominciai a frequentare Gianni Brera negli anni in cui dirigevo a Milano il Corriere d’Informazione: mi indusse a farlo il mio fido amico Piero Dardanello, che era un suo devotissimo sostenitore. La prima volta Gianni ci ricevette a cena in casa sua e si esibì in una indimenticabile rassegna dei vini che orgogliosamente custodiva in cantina. Lo inebriavano le sue conoscenze in questa materia, si pavoneggiava nel conversarne. Ricordo una volta in una trattoria dove mi aveva invitato: non riuscivo a distoglierlo dall’analisi del cibo e del vino, volevo stuzzicarlo sul calcio. Finalmente gli dissi la mia ammirazione per un fantastico gol segnato da Nicola Berti, in una partita dell’Inter in Coppa Campioni. Berti era partito dalla sua area, corse fìnte e dribbling per tutto il campo, fino al gol. Un’impresa che a me pareva eccezionale. «Macché!», mi bloccò Brera con quel suo tipico ghigno derisorio, «semplicemente non sapeva dove andare, cosa fare di ‘sto pallone tra i piedi e ha avuto fortuna a tirare. Se non avesse segnato, nessuno ne parlerebbe». Cesare Lanza. La Verità. C’erano mamme «vecchie glorie» di estremo kitsch pariolino alla Wanda Osiris e magari un po’ libanesi «tutte Gotha e Ghetto», e tutte-volpi, in una Roma eterna sempre invariabile con le sue rovine e cupole e casupole e ville al mare tra schiavi in disordine e scurrili calembours. Alberto Arbasino, La vita bassa. Adelphi. Al tramonto, dopo il lavoro, vado al PizzaFashion, un piccolo posto molto ben tenuto, e dunque a me congeniale, le cui pareti di colore arancione mi mettono di buon umore. Il capo, Pannaiotis Imparato, un napoletano di origini greche, sulla trentina, mi chiede quarantadue volte al secondo, se va tutto bene, se sto bene, se il lavoro va bene. Io dico di sì, che va tutto bene, che sto bene, che lavoro bene. Sicché mi faccio un paio di quadrati di pizza, immerso nell’odore di fritolino che impregna l’aria come una Moretti del Sessantasei, a tre euro e cinquanta (3.50) e tutto fi la liscio. Francesco Maino, Cartongesso. Einaudi, 2014. E il Po era anch’esso una poesia: una poesia cominciata quando era cominciato il mondo e che ancora continuava. E per arrotondare e levigare il più piccolo dei miliardi di sassi in fondo all’acqua c’erano voluti mille anni. E soltanto tra venti generazioni l’acqua avrà levigato un nuovo assetto. E tra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l’ora su macchine a razzo supersonico e per far cosa? Per arrivare in fondo all’anno e rimanere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che, in una di queste sere, il compagno Peppone ha ripitturato con il pennellino. Giovanni Guareschi, Mondo Piccolo, 1950. Io amo le donne leggermente adipose con un po’ di carne addosso dov’è bello affondare il naso. Appoggiare la guancia sopra un morbido seno che sa burro e di latte… Non so se mi spiego, cari amici, ma come diceva un famoso commediografo mio amico, «le donne magre sono come i pantaloni senza tasche, non si sa mai dove mettere le mani». Guido Conti, Il tramonto sulla pianura. Guanda. «Sarà proprio vero che questo è l’ultimo sfondamento dei russi ?». Chiese un altro, pure in dialetto (si trattava dell’undicesimo sfondamento, come venne computato poi, da quando era iniziata la ritirata nove giorni prima, a circa 250 chilometri da qui). Luca alzò un poco il mento a significare: chissà. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Edizioni Ares, 1983. Non mi è mai capitato di interpretare un fi lm importante, di quelli che partecipano ai festival. Non ho mai ricevuto un premio: mi accontenterei di un orsetto di pelouche. Nel mio lungo percorso artistico, sono sempre stato scortato da un’ombra di malinconia e forse per questo mia moglie dice che sono sempre «inchezzeto». Ma si sa: i comici in famiglia non sono divertenti. Lino Banfi, attore (Emilia Constantini). Corsera. Ci sono tanti modi di essere stupidi. Il cretino li riassume tutti. Roberto Gervaso.
Paolo Siepi