Pare che i consumatori locali ne siano particolarmente ghiotti. E’ il prodotto dell’azienda italiana che va per la maggiore, tra i cinesi. Il re del mercato è la Mars col 40% di quota. Alla Ferrero il 20% del mercato
Fa fatica ad affermarsi il cioccolato svizzero, in Cina, che si fa bagnare il naso dai prodotti Ferrero e da quelli dell’americana Mars. Quest’ultima, stando a quanto ha reso noto Ben Cavender, dell’agenzia China Market Research Group, occupa il 40% del mercato locale, mentre la multinazionale di Alba si trova in seconda posizione, con il 25%. Pare che i consumatori locali siano particolarmente ghiotti dei Ferrero Rocher, il prodotto dell’azienda italiana che va per la maggiore, tra i cinesi. I quali, come ha spiegato Cavender al quotidiano elvetico Le Temps, è da 5 anni che sono diventati particolarmente golosi di cioccolato.
“Prima lo consideravano una bizzarria occidentale troppo zuccherata”, dice il rappresentante di China Market Research Group. “Oggi, invece, è diventato un prodotto di lusso, come vini e profumi”, annota dal canto suo Zhou Hongcheng, dell’Università Zhejiang Gongshang. La riprova la troviamo nella cifra d’affari della vendita di cioccolato, praticamente raddoppiata nell’ultimo lustro. Entro il 2020, inoltre, dovrebbe raggiungere I 5,9 miliardi di franchi svizzeri, ovvero 5,2 miliardi di euro. Ad avvicinare i cinesi ai prodotti a basi di cacao, oltre ai Ferrero Rocher, ci hanno pensato i cioccolatini all’aroma d’anice e di menta, molto vicini ai gusti locali. Oltre a Ferrero e Mars anche ditte francesi, belghe, britanniche e tedesche, si sono fiondate nel mercato cinese.
“Fanno fatica invece – afferma Ben Cavender – i marchi svizzeri, che hanno compiuto l’errore di investire troppo poco, per promuovere la loro immagine”.
Anche se Lindt & Sprüngli fa sapere di avere incrementato di parecchio la vendita dei suoi Lindor, a Shangai e Pechino. Mentre Barry Callebaut punta tutto sul suo cioccolato rosa, dolce fruttato è fresco, proprio come dovrebbe piacere ai cinesi. Meglio tardi che mai!
Franco Zanotelli, Repubblica.it