Le indagini sull’attentatore di Saint-Charles: era sposato con una nostra connazionale
ROMA – Ahmed Hanachi, il killer di Marsiglia che in pieno giorno ha accoltellato a morte due donne alla stazione Saint-Charles, ha vissuto per lungo tempo in Italia. Almeno fino a tre anni fa era ad Aprilia, sposato con una donna italiana. Si arrabattava con lavoretti salutari nei campi e nei cantieri, e ha fatto in tempo ad accumulare un paio di arresti per spaccio e furto prima di sparire nel nulla. L’inchiesta aperta dal parquet di Parigi dopo il duplice omicidio di domenica per adesso non ha trovato riscontri alla rivendicazione dell’Isis, né evidenze di contatti con jihadisti. Non è chiaro nemmeno perché la polizia di Lione, che 24 ore prima dell’aggressione aveva fermato Hanachi per furto e senza permesso di soggiorno, lo abbia rimesso in libertà.
Nell’attesa di capirne di più, però, bisogna tornare ancora una volta a quel pezzetto di agro pontino tra Aprilia, Latina e Fondi, tenuto sotto stretta osservazione dall’Antiterrorismo e dalla nostra intelligence. Perché da qui, in meno di un anno e mezzo, sono stati espulsi quattro tunisini sospettati di fanatismo religioso. E perché tra Aprilia e Latina si incontra la piccola frazione di Campoverde, dove ha gravitato seppur per poco Anis Amri, il terrorista della strage di Natale a Berlino.
Le prime indagini della polizia di Prevenzione e del Ros dei Carabinieri collocano intorno al 2006 l’arrivo in Italia di Ahmed Hanachi, nato – come si legge sul suo passaporto – il 9 novembre 1987 a Biserta. Prima, secondo Le Monde, vive nel sud della Francia nella regione Rhône-Alpes.
Hanachi si sposa con una donna italiana e si stabilisce ad Aprilia, dove la comunità di tunisini è ben radicata. “Circa 400 persone, senza contare le campagne circostanti”, dice Sihem Zrelli, la presidente dell’associazione Palma del Sud per lo sviluppo dell’imprenditoria italo-tunisina. Hanachi si barcamena, non ha un impiego fisso, passa il tempo a bivaccare nei bar. La relazione con l’italiana, anche per questo, non dura molto. I due divorziano.
Negli archivi della polizia a carico di Ahmed Hanachi risultano due arresti per furto e spaccio di droga. “Un piccolo criminale, niente di più”, spiega una fonte qualificata della nostra Antiterrorismo. “Per tutto il periodo in cui è stato nel nostro Paese non ha mostrato segnali di radicalizzazione e la perquisizione a casa della ex moglie (che si trova all’estero, ndr) non ha dato risultati”. Né il primo screening effettuato con i dati forniti dalle autorità francesi (il nome di Ahmed e i sette alias) ha rilevato contatti con Anis Amri o con i quattro tunisini espulsi dal Viminale nell’area di Latina. Anzi, Hamed e Anis potrebbero non essersi neanche incrociati: il primo sparisce dai radar italiani intorno al 2014 per poi ricomparire in Francia, il secondo esce dal carcere e passa una settimana a Campoverde ospitato dall’amico Montasar Yakoubi nel luglio del 2015.
E però quel che le cronache di Latina hanno riportato nell’ultimo anno e mezzo non pare essere più una serie di “casuali circostanze”: il 19 marzo 2016 viene espulso Triki Mohamed, tunisino ambulante di 50 anni residente a Borgo Grappa, perché “all’esterno del centro di preghiera islamica distribuiva una rivista radicale”; il 20 gennaio 2017 espulso un altro tunisino, senza fissa dimora, perché alla Caritas di Latina lo sentono minacciare di vendicare la morte del “suo fratello” Amri; il 25 febbraio espulso Moez Guidaoui, tunisino, 44 anni, perché il suo numero era sulla rubrica telefonica di Amri; il 12 marzo, infine, viene rimandato in Tunisia Alhaabi Hisham, 37 anni di Borgo Montello, perché all’interno della moschea di Latina (situtata in un capannone in periferia) fomentava un gruppo radicale contro l’imam moderato Arafa Rekhia Nesserelbaz.
La Repubblica.it