(di Cesare Lanza per LaVerità) Oggi non mi sento di proporre la mia opinione nei termini di una scommessa: per doveroso rispetto verso le vittime dei terroristi a Barcellona. Penso che, come quasi sempre in millenni di storia, alla fine il terrorismo sarà sconfitto. Ha provocato e provocherà ancora sangue, vittime, carneficine. Ma alla fine sarà sconfitto: non ha un futuro ragionevole, persuasivo, realizzabile (di proposito evito l’abusatissimo, retorico aggettivo «civile»). I più anziani hanno vissuto, negli anni Settanta, la terribile stagione delle Brigate rosse. Un mio amico, che aveva esperienza e competenze, mi confidò: «Eravamo preoccupati: si avvertiva un certo ambiguo consenso, tra la gente». Allora come oggi erano diffusi sentimenti e impulsi di antipatia, per non dire odio, verso l’elite e il governo in Italia. «Quando le Br cominciarono a ferire o uccidere gente comune, irreprensibile, insegnanti e lavoratori, magistrati, giornalisti, agenti di polizia, capimmo che per i brigatisti era l’inizio della fine». Mutatis mutandis, c’è una certa analogia con quanto accade oggi. Il progetto di imporre nei Paesi occidentali un regime islamico è irrealizzabile. Ma uccidere a casaccio povera gente inerme è certo un punto di forza del terrorismo, ma anche un punto debole, un colossale errore. L’indignazione e lo sgomento dei popoli occidentali si compattano. E la reazione sarà inesorabile. Ma che cosa si può fare, intanto? Resistere, resistere, resistere. E mobilitare ogni risorsa nell’unica difesa possibile: la prevenzione, il controllo del territorio, alla ricerca minuziosa di complicità, finanziamenti, trame, cospirazioni – che spesso avvengono sotto i nostri occhi, impunemente.