(di Cesare Lanza per LaVerità) Scommettiamo che gli italiani diranno addio alla rassegnazione e cominceranno a reclamare i loro diritti? Sarò schietto: più che il convincimento per una scommessa, è soprattutto una speranza. Perché, se non siamo ancora riusciti a liberarci di Matteo Renzi, come possiamo sperare che spariscano le piccole, continue arroganze quotidiane da cui sono afflitti i cittadini? Eppure si tratta di fastidi facilmente eliminabili, se ci fosse un pur minimo rispetto o – anche più importante – la nostra capacità di sostenere i nostro diritti. Vi racconto l’ultima significativa esperienza personale. A Spotorno – bella cittadina nel ponente della Liguria – c’è una sola farmacia, ovviamente sempre affollata. Premetto, per oggettività, che le farmacie non mi sono simpatiche: una volta erano luoghi dove si preparavano i farmaci, oggi sono supermarket, negozi come gli altri, dove si vende qualsiasi cosa. Avevo chiesto a che ora potessi fare le analisi del sangue. Risposta: alle otto. Mi presento alle otto e un quarto. Piccola folla. Dopo che due clienti mi hanno scavalcato, flebilmente protesto. Una signora mi sussurra all’orecchio: «Qui il servizio è sempre lentissimo». Il titolare – presumo perché se la prende con i dipendenti, definiti inetti – replica stizzito, poi si scusa, ma continua a rosicare. Segue il prevedibile scambio di battute. Gli dico che, con il giro di lavoro su cui conta, potrebbe permettersi un paio di dipendenti in più. E che i clienti, anche se non protestano, sono scontenti. E me ne vado. Una sciocchezza, è chiaro. Forse ho ragione, forse torto. Fatto sta che i diritti dei clienti non sono quasi mai rispettati, o sbaglio? Dovunque. Ma perché gli italiani non protestano mai?