Continua a crescere, seppure lentamente, il numero degli energy manager in Italia. Buono l’andamento delle nomine nel 2016 nel settore civile e industriale, di segno opposto la pubblica amministrazione, che segna una diminuzione dell’11% dei soggetti nominanti nonostante parta da un tasso di inadempienza nell’ordine del 70-80%. Sono i dati del Rapporto 2017 sugli energy manager in Italia di Fire, Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia, presentato al Mise.
L’energy manager può essere interno all’azienda o esterno; la nomina è obbligatoria per i soggetti con consumi annui superiori ai 10.000 tep per l’industria e ai 1.000 tep per gli altri settori in base alla legge 9 gennaio 1991 n. 10. La nomina va inviata alla Fire dal legale rappresentante dell’organizzazione ogni anno e va presentata entro il 30 aprile di ogni anno con riferimento ai consumi in fonti primarie relativi all’anno precedente.
Stando al rapporto, le nomine pervenute alla Fire entro il 30 aprile 2016 sono state 2.239. Di queste 1.519 sono relative ad energy manager primari nominati da soggetti obbligati e 720 da soggetti non obbligati. Buona la performance dei settori industriale, commercio e bancario. Non si può dire altrettanto per la Pa, in cui si segnala anche la riduzione delle nomine nella sanità, il comparto più energivoro nel settore pubblico, passata dai 180 energy manager del 2007 ai 100 odierni.
Ancora: dei 1.611 energy manager interni all’azienda (sia obbligati che volontari), 195 hanno conseguito la certificazione in Esperto in Gestione dell’Energia, mentre per quanto riguarda i 335 nominati in qualità di consulente esterno ne risultano 126. I soggetti che hanno nominato un energy manager e che al contempo sono in possesso della certificazione ISO 50001 per il loro sistema di gestione dell’energia risultano essere 115.
Per quanto riguarda i certificati bianchi si registra una maggiore partecipazione diretta allo schema tra i soggetti che hanno provveduto alla nomina volontaria di un responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia rispetto a coloro i quali sono soggetti all’obbligo di legge. La partecipazione è leggermente aumentata rispetto al 2015.
“L’efficienza energetica è il principale strumento disponibile per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo sul clima di Parigi e dalle direttive comunitarie mirate alla riduzione delle emissioni climalteranti – ricorda il direttore Fire Dario Di Santo – L’uso intelligente dell’energia rappresenta anche un’occasione per le nostre imprese in termini di produzione di beni e servizi e di aumento della competitività, grazie allo sfruttamento dei benefici multipli che si accompagnano alla riqualificazione energetica di edifici e linee produttive. L’energy manager in questo contesto rappresenta una figura determinante, che non sempre gode dell’inquadramento e degli strumenti necessari per consentire alle imprese e agli enti che lo nominano di cogliere le opportunità disponibili. Eppure per essere competitivi in futuro sarà necessario sempre più sviluppare sinergie fra la gestione delle risorse e il core business”.
Dall’indagine condotta da Fire emerge anche un’attenzione crescente all’uso delle nuove tecnologie Ict per fini di monitoraggio e automazione, sebbene non ancora adeguata agli scenari di industria 4.0, e la comprensione dell’importanza di valutare i benefici non energetici collegati agli interventi di efficienza energetica.
Energy management e industria 4.0, gli strumenti per la transizione
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