di Cesare Lanza
Scommettiamo che non ci sarà un provvedimento di giustizia per Marcello Dell’Utri, ancora in carcere per un reato che nel codice penale neanche esisteva? Mi dispiace esprimermi crudamente, ma il mio pessimismo è giustificato da quanto è successo fino ad oggi. Nessuna clemenza per l’ex senatore di Forza Italia: addirittura, fino a un anno fa, era rinchiuso a Parma, in un carcere duro per i più temibili protagonisti di mafia, sospettabili di tentativi di evasione e di nuovi delitti. Non conosco le carte giudiziarie, mi limito ad alcune riflessioni di elementare buon senso. Marcello l’n settembre avrà 76 anni. È gravemente malato: diabete, cuore e altri acciacchi, attribuibili all’età e quindi sempre più gravi. È impensabile che possa evadere. Gli arresti domiciliari sono concessi perfino ad assassini colti in flagrante. Il reato per cui Dell’Utri è stato condannato – concorso esterno in attività mafiose – era inesistente nei codici, considerato troppo vago e strumentalizzabile: al punto che la Corte europea di giustizia aveva annullato la condanna di Bruno Contrada, in carcere per lo stesso, presunto reato. E proprio ieri la revoca della condanna è arrivata anche dalla Cassazione. È questa l’unica speranza che resta a Dell’Utri per non scontare in carcere gli anni che gli restano. Un’obiezione diffusa: dev’essere privilegiato perché si chiama Dell’Utri. No, è il contrario: è stato indagato, processato, condannato proprio perché era uno stretto collaboratore di Silvio Berlusconi. Non a caso il processo era comune, poi fu diviso. Oggi Berlusconi è perseguitato, ma in libertà, mentre Dell’Utri, malato e meritevole di clemenza, è in galera.
di Cesare Lanza, LaVerità