L’ingegnere a Piazzapulita su La7: “Rischiamo di diventare una calamaita per la speculazione”. “La sinistra perde un po’ ovunque perché non si occupa delle disuguaglianze”
“L’Italia è l’anello debole dell’Europa. Davanti a noi c’è un autunno difficile perché abbiamo una ripresa flebile e dall’altra abbiamo un debito pubblico che è un macigno che cerchiamo di dimenticare ma non dimenticano i mercati. Rischiamo di diventare una calamita per la speculazione”. Lo ha detto Carlo De Benedetti, ospite di Corrado Formigli a Piazzapulita su La7. A suo avviso, “in Europa non succederà nulla fino al 24 settembre, giorno delle elezioni tedesche. Se la differenza ai seggi tra Schulz e la Merkel sarà ridotta, Schulz potrebbe ottenere il ministero delle Finanze, e allora vedremo un’Europa diversa”.
De Benedetti ha poi analizzato le recenti elezioni francesi: “Mi aspettavo che vincesse Macron, i francesi sono un popolo con una cultura e una base democratica che non poteva scegliere la Le Pen. Macron è un personaggio con una storia molto particolare fuori dall’ordinario, a soli 38 anni ha fatto tantissime cose”. Per l’ingegnere, il presidente eletto francese “è fuori dagli schemi di destra e sinistra. Lui si definisce un liberale europeo, che è un modo per non darsi un’etichetta”. “I partiti tradizionali sono scomparsi tra scandali come Fillon e pessime prestazioni come quello socialista – prosegue – Macron ha capito che c’era un vuoto nella politica, come in Italia e Spagna, ma lui lo ha occupato con un programma non populista. Ovvio che non voglia Valls come primo ministro. Io penso che come primo ministro chiamerà Christine Lagarde”.
Le elezioni francesi hanno confermato una tendenza ormai consolidata: “La sinistra perde un po’ ovunque perché non si sta occupando delle disuguaglianze che la globalizzazione e lo sviluppo tecnologico tendono a far aumentare”.
Infine gli Stati Uniti: “Trump in politica interna di tutte le cose che ha promesso, non ne ha fatta nemmeno una. In politica estera ha le idee un po’ confuse e poi la vera indecenza è che un presidente americano governi a suon di tweet. Un editore di giornali non può sperare a niente di meglio che avere un Trump come presidente, come d’altronde per noi è stato Berlusconi”.
La Repubblica